Il crollo del ponte. Genova ricorda, Cartabia ai familiari: non vi lasceremo soli
Un momento della commemorazione a Genova della tragedia del crollo del ponte Morandi di 3 anni fa, sotto quello nuovo
La nuova legge sulla giustizia non rallenterà il processo per il ponte Morandi. Lo assicura la Guardasigilli Marta Cartabia, in occasione della cerimonia per il terzo anniversario del crollo. «Ritornare qui a Genova da ministro della Giustizia – ha detto non senza commozione – significa rinnovare l’impegno per garantire ogni supporto ai familiari, al loro bisogno di giustizia che trovi piena e tempestiva risposta». Nelle ultime settimane, ha aggiunto, «è stata per voi e per tutta la città fonte di preoccupazione l’opinione che la riforma della giustizia possa bruciare la vostra necessità di giustizia. Non c’è e non c’è mai stato alcun rischio sul processo per il Morandi. Basta leggere il testo».
Quindi l’invito a «riflettere più di una volta prima di dare delle opinioni che poi accrescono il peso di chi già porta il peso di un così grande valore. La riforma si applica ai reati successivi all’1 gennaio 2020. Inoltre, tutti i processi che riguardano gravi disastri devono essere portati a termine in tempi giusti. La giustizia deve essere dal volto umano, che guarda alle persone, a chi ha sofferto un’offesa così grande. Sono qui da madre e sento lo strazio di quelle madri per il cui tempo si è fermato al 14 agosto 2018».
La commemorazione della tragedia, che costò la vita a 43 persone, è iniziata nella parrocchia di San Bartolomeo della Certosa con la Messa di suffragio. Nell’omelia, l’arcivescovo Marco Tasca ha preso spunto dal Vangelo di San Matteo sui piccoli destinatari del futuro, e ricordando Gesù che cerca una relazione con il Padre quando si incrina il rapporto con la gente. Nelle difficoltà occorre cercare una relazione, ha indicato. «Importante è che chi sta soffrendo non si senta solo. Dobbiamo essere impegnati a cercare dialogo, non lasciare nulla di intentato», ha detto citando padre Massimiliano Kolbe, che si offrì di morire ad Auschwitz per salvare un padre di famiglia. «Non è morto; ha dato la vita. Solo l’amore crea; l’odio distrugge. Non vogliamo oblio. La verità deve emergere e deve orientare la consapevolezza di tutti».
«La realizzazione del Viadotto San Giorgio è un primo passo verso il ripristino del legame tra Stato e cittadini», è il messaggio inviato dal premier Mario Draghi. «Dobbiamo progettare con lungimiranza, costruire con rapidità e attenzione, manutenere con cura», ha proseguito, ringraziando il sindaco Marco Bucci, il governatore Giovanni Toti, l’architetto Renzo Piano e «tutti coloro che sono stati coinvolti in quest’opera».
Il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini ha insistito sulla necessità di infrastrutture in sicurezza e ecologiche. E se l’imam Salah Usein ha invocato il Dio unico, a scuotere i presenti è stato l’appassionato discorso di Egle Possetti, presidente del comitato per le vittime, che, tra le lacrime, ha ricordato Gino Strada ed invocato giustizia: «Uno Stato non garantisce democrazia se non mette all’angolo chi delinque».
Tanto pathos nelle sue parole: «Dal 14 agosto di 3 anni fa il vaso di Pandora si è aperto su un sistema senza dignità e umanità, ma la sensazione è che man mano c’è chi cerca di richiudere quel vaso, per dimenticare quanto accaduto e creare nuovi vasi di Pandora. Le urla, la pioggia, le lacrime, la polvere di quel giorno, sono ancora nel nostro cuore, questa vergogna resterà incisa indelebilmente nella nostra anima, stiamo aspettando segnali tangibili di giustizia ma sono ancora troppo pochi». Toti e Bucci hanno ricordato quei momenti che «fanno venire i brividi». «Siamo qui per ricordare», ha detto Francesco Cozzi, ex procuratore capo da poco in pensione. Il Memoriale, illustrato dall’architetto Stefano Boeri, sarà in 5 sezioni, dalla costruzione del Morandi all’inchiesta. Venerdì il piccolo ex ponte delle Ratelle, vicino al San Giorgio, è stato denominato "14 agosto 2018" al termine di una fiaccolata.