Il ministero dell’Interno aprirà presto due nuovi
hotspot in Sicilia, a Mineo e Messina (ma il sindaco Renato Accorinti si dice «totalmente contrario») per aumentare i posti da 1.600 a 2.800. E attiverà 6 strutture mobili a Cagliari, Reggio Calabria e in altre 4 località, pronte a intervenire nei porti di sbarco dei migranti. Altri
hotspot di "secondo livello" potrebbero essere aperti per i migranti da rimpatriare. Interventi che, secondo quanto si è appreso, il Viminale sta definendo in una lettera che, forse già oggi, verrà inviata alla Commissione Europea. Alla missiva lavorano gli uffici del capo della Polizia Franco Gabrielli e del capo dipartimento Immigrazione e libertà civili del ministero, il prefetto Mario Morcone, in risposta ai rilievi sollevati in un’analoga lettera inviata venerdì da Matthias Ruete, capo della direzione generale Affari interni della Commissione. In cambio, alle istituzioni europee l’Italia chiede di accelerare sui rimpatri e sulle
relocation dei rifugiati, ferme a un anno dall’approvazione all’1% della cifra promessa (per l’Italia, finora 718 ricollocamenti su 39.600 previsti in due anni).Da Bruxelles, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker si dice «aperto a discutere le proposte del mio buon amico Renzi»: «non sono contrario» agli hotspot navali, ha detto, ma «ci sono questioni legali da prendere in esame». Sul punto, la lettera italiana conterrà alcuni "chiarimenti tecnici" sulle modalità di accoglienza a bordo e sul quadro legale. Il governo starebbe pensando a una sperimentazione con l’invio di una nave, in collaborazione con Frontex: dopo aver fatto la selezione, cercando di individuare chi ha diritto a chiedere asilo, si punterebbe a passare agli hotspot di secondo livello.Meccanismo complicato, se si considera che il primo vaglio dovrebbe avvenire in alto mare, nei confronti di persone che fuggono da conflitti o situazioni di crisi, fiaccate e traumatizzate dai pericoli della traversata. Lo ha fatto notare, in un’intervista a
la Repubblica il
segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, definendo le migliaia di morti nei naufragi «uno schiaffo alla democrazia europea» e gli hotspot «una riedizione in brutta copia dei luoghi di trattenimento di persone. Le organizzazioni internazionali a tutela dei diritti umani, come anche la Fondazione Migrantes e la Caritas Italiana, hanno già ricordato che i migranti salvati in mare hanno il diritto, sulla base di una storia personale e non di una lista di cosiddetti "Paesi sicuri", di presentare domanda d’asilo e al ricorso se una domanda non venisse accolta. Sulle navi, questo percorso di protezione internazionale non è possibile». Non è pensabile, ha argomentato il vescovo, «l’utilizzo di navi destinate al soccorso per far stazionare nel Mediterraneo migliaia di persone in attesa di una non precisata destinazione. A meno che le si voglia riportare nei porti della Libia e dell’Egitto, condannandole a nuove forme di sfruttamento».Osservazioni che collimano con le perplessità «di natura legale» di Bruxelles, ma alle quali il
ministro dell’Interno Angelino Alfano ha replicato: «Noi siamo campioni del mondo di umanità e di accoglienza. Capisco le parole di monsignor Galantino, che fa il vescovo, io però faccio il ministro dell’Interno e ho il dovere di far rispettare le leggi: abbiamo un grande cuore, ma non possiamo accogliere tutti».Con le amministrative ormai alle porte, nel dibattito è entrato, cavalcando con i suoi toni abituali uno dei temi elettorali prediletti dal suo partito, il
segretario della Lega Nord Matteo Salvini, che ha attaccato monsignor Galantino: «Chi parla così è complice degli scafisti e nemico degli italiani e dei rifugiati veri. Mi auguro che ora rettifichi o chieda scusa». Per Salvini, «la quota di immigrati che l’Italia può accogliere in questo momento è zero. Non deve più partire un solo gommone, più ne partono, più ne muoiono in mare».