Un altro round a favore della
Procura di Venezia nell'inchiesta Mose. Anche Giancarlo Galan,
come già una ventina di indagati, alla fine ha chiesto e
ottenuto il sì dei pm al patteggiamento, per chiudere i conti
con la giustizia. Due anni e 10 mesi la proposta dei suoi
legali, definita "congrua" dall'accusa, oltre alla confisca di
beni per 2,6 milioni di euro. Oggi il gip ha dato il via libera all'accordo concedendogli i domiciliari a Villa Rodella, la residenza padronale sui
Colli Euganei dove Galan vive con la famiglia.
L'ex ministro di Forza Italia è uscito stamattina dal centro medico
del carcere di Opera dal 22 luglio. Ma i suoi problemi clinici -
fu ricoverato per una tromboflebite dopo una frattura e altri
scompensi cardiaci - sono ormai risolti. I medici avevano dato il
benestare al rientro nel normale circuito penitenziario. Il
rischio per l'ex Doge era di finire in una cella normale. La
Procura, inoltre, era pronta a chiedere per lui il processo
immediato, saltando l'udienza preliminare che avrebbe bloccato
la scadenza (21 ottobre) dei termini di custodia cautelare.
Sulla mossa del patteggiamento pesa il passo fatto due
giorni fa da un altro uomo chiave nell'inchiesta: il
commercialista di fiducia di Galan, Paolo Venuti, che dopo le
ammissioni fatte ai Pm ha lasciato il carcere, dov'era dal 4
giugno scorso, ottenendo l'ok al patteggiamento. Venuti avrebbe
ammesso d'essere stato il prestanome del Doge per alcune
operazioni finanziarie in Italia e all'estero nelle quali,
secondo la Procura, sarebbero nascosti i soldi dell'affaire
Mose.
Finora ufficio dei Gip e Pm hanno sempre lavorato in piena
sintonia di vedute. Chi ha parlato e ha fatto ammissioni è stato
ammesso al patteggiamento, uscendo dal carcere. In cella resta solo l'ex braccio destro in Regione,
l'assessore Renato Chisso - coinvolto tra l'altro nella nuova
inchiesta aperta ieri a Venezia su politica e malaffare per
illecita gestione di fondi pubblici - Chisso finora non ha
ammesso alcunchè. Sarà interrogato nuovamente domani nel
carcere di Pisa. Dopo la svolta di Galan, potrebbe cambiare
anche la sua linea di difesa.
Un Giancarlo Galan che esce di scena con due anni e 10 mesi
di pena può tuttavia non essere una sconfitta per la difesa
dell'ex governatore. Rispetto alla montagna di contestazioni su
cui la Procura appoggiava l'accusa di corruzione, per denaro
versatogli da Giovanni Mazzacurati e Piergiorgio Baita, i legali
avevano battuto un colpo a loro favore quando il Riesame - pur
bocciando il ricorso per la remissione in libertà - aveva tolto
di dosso al politico un bel pò di zavorra. Era stata infatti
annullata parte dell'ordinanza del Gip per i fatti riferiti al
periodo antecedente il 22 luglio 2008, ed erano così caduti,
perchè prescritti, i reati relativi ai finanziamenti illeciti
per le campagne elettorali, così come la mazzetta da 200mila
euro versata nel 2005 all'hotel Santa Chiara a Venezia, e anche
i finanziamenti per la ristrutturazione di Villa Rodella. A
conti fatti, insomma, un patteggiamento a poco meno di tre anni
può essere una decorosa uscita di scena per l'indagato di
maggior spicco dell'inchiesta Mose.
Per i suoi legali Galan ha accettato
"l'inaccettabile perché non ce la faceva più a rimanere
imprigionato". Lo affermano gli avvocati Niccolò Ghedini e Antonio
Franchini, ai quali sono stati necessari otto giorni di
trattativa per raggiungere con i magistrati della Procura di
Venezia l'accordo che ha permesso al parlamentare di lasciare il
carcere di Opera e raggiungere i domiciliari nella sua
Casa di Cinto Euganeo. Il collegio difensivo di Galan
infatti ribadisce di aver "operato in considerazione delle gravi
condizioni generali del proprio cliente" dimagrito di 22
chili in due mesi, e presenta "spunti depressivi sì da
determinare la necessità di visita psichiatrica".