Attualità

Matera. Il G7 delle Pari opportunità, Roccella: regole chiare per le gare femminili

A.Ma. sabato 5 ottobre 2024

Le ministre e i ministri per le Pari Opportunità a Matera

Una foto ufficiale a parti rovesciate, una volta tanto: tutte donne (tranne uno) nel ritratto che immortala la riunione interministeriale del G7 sulle Pari Opportunità che è terminato domenica a Matera. Maglie colorate anziché grisaglie, gonne di tutte le lunghezze anziché calzoni scuri. In effetti si parlava di parità di genere e di empowerment femminile, un tema che appassiona molti ma soprattutto quello che una volta si chiamava sesso debole. Una volta, appunto: perché oggi ciò che si vorrebbe e che per tanti versi, con qualche accelerata e brusche frenate, si sta realizzando è un mondo paritario, dove uomini e donne abbiano le stesse identiche opportunità e concorrano alla vita sociale ad armi pari. Un mondo dove anche quando i Grandi discutono di intelligenza artificiale, finanza o trattati di pace, al tavolo ci siano tante ministre quanti ministri.

A Palazzo Lanfranchi di Matera di questo si è discusso: di come potenziare l’indispensabile contributo femminile di cui la società ha un estremo bisogno. Nel documento finale si elencano diverse strategie su cui concentrare «lo sforzo collettivo», le stesse che vengono ricordate a ogni summit sul tema: incoraggiare le ragazze a scegliere studi scientifici, tecnici ed economici (Stem), promuovere la parità salariale e la partecipazione femminile al mondo del lavoro... L’elenco degli impegni è lungo e ovviamente la maggior parte è una storia già vista. C’è il tema, anche questo assai dibattuto, del lavoro domestico e di cura, di cui le ragazze e le donne si fanno carico in modo sproporzionato. Questa sproporzione incide sulla parità di istruzione, di occupazione, di carriera, di retribuzione e di trattamento pensionistico. L’impegno dichiarato dal G7 Pari Opportunità va quindi nella direzione di lottare contro gli stereotipi di genere e di incrementare le misure che riequilibrino la posizione delle donne in famiglia e nei luoghi di lavoro. Nel capitolo che prende in esame la violenza di genere le ministre del G7 si sono impegnate tra le altre cose ad aumentare gli investimenti per i centri antiviolenza e le case rifugio e ad aumentare gli sforzi per la prevenzione e per proteggere le donne. Anche questi, impegni già presi in molte occasioni e a diversi livelli.

C’è un passaggio piuttosto inedito che risente di ciò che è accaduto alle Olimpiadi di Parigi, cioè il caso della pugile algerina presumibilmente intersex Imane Khalif, che ha combattuto e vinto nella categoria femminile. Per la prima volta in una dichiarazione di questo tipo è stato preso in considerazione lo sport, come ha sottolineato la ministra Eugenia Roccella: si chiedono «standard scientifici condivisi e trasparenti, regolati in maniera indipendente dalle istituzioni sportive, al fine di evitare discriminazioni».
Se nella parte propositiva la dichiarazione finale non si è scostata di troppo dalle consuete liste delle ottime intenzioni, su cui peraltro l’impegno dei vari governi nazionali è altalenante («abbiamo fatto molto» per la parità di genere, «ma c’è ancora tanta, tanta strada da fare», ha ammesso la Commissaria europea per l’Uguaglianza, la maltese Helena Dalli), è nella parte iniziale che si registrano alcune riflessioni di pressante attualità. Si ricorda infatti che i conflitti – tutti i conflitti, compresi quelli in corso – hanno un impatto sproporzionato sui diritti umani di donne e ragazze e che però nello stesso tempo la voce di queste ultime non risuona laddove si intessono processi politici di pace. Vittime nei kibbutz israeliani e nei campi profughi palestinesi, nelle città bombardate dell’Ucraina e nelle prigioni politiche in Russia, ma raramente protagoniste nelle stanze del potere dove si conducono le trattative. Anche questo è un divario di genere da colmare, come ormai da 25 anni chiede l’Onu con l’Agenda Donne pace e sicurezza.

A Matera, intanto, l’Italia incassa un risultato: l’apertura nel nostro Paese del Comitato nazionale di Un Women (l’organizzazione Onu che si occupa di empowerment femminile), che lavorerà insieme alle istituzioni, al mondo accademico e alle imprese per accelerare il cambiamento e ridurre l’intervallo di tempo ancora necessario – a oggi si stima che sia 131 anni – per raggiungere la parità di genere. A capo di Un Women Italy è stata chiamata Darya Majidi, imprenditrice digitale italo-iraniana, saggista, sostenitrice del «femminismo 4.0 tecnologico e inclusivo» e fautrice di «una nuova alleanza tra donne e uomini».