Attualità

L'ULTIMO ABBRACCIO. Il vescovo Monari: «Camadini cristiano delle opere e della fede»

Lorenzo Rosoli sabato 28 luglio 2012
​Giuseppe Camadini: un laico cristiano che si è dedicato interamente al bene della Chiesa e della società. Un uomo delle opere. Molte, feconde. Nella cultura, nell’educazione, nell’informazione, nell’economia. Da bresciano capace di «respiro internazionale», com’è l’Istituto Paolo VI, «manifestazione del suo amore alla Chiesa». Ma sempre, innanzitutto, alla radice: un «uomo di fede». Così l’ha ricordato il cardinale Giovanni Battista Re, suo amico e conterraneo, nella Messa esequiale celebrata ieri pomeriggio a Sellero, in Valle Camonica, prima della tumulazione nella tomba di famiglia. La bussola di Camadini: la montiniana “civiltà dell’amore”. Le sue stelle fisse, tre figli della Chiesa bresciana: Paolo VI; il beato Giuseppe Tovini; Vittorino Chizzolini, apostolo dell’educazione.«L’elenco delle cose che egli ha fatto è impressionante, ma non è ciò che più conta», aveva detto il vescovo di Brescia, Luciano Monari, celebrando al mattino nella Cattedrale gremita il funerale del presidente dell’Istituto Paolo VI e della Fondazione Tovini, morto mercoledì a 81 anni nella sua città. «Conta il cuore di credente che egli è stato: conta il suo amore senza riserve verso la Chiesa, la sua devozione al Papa e al vescovo – chiunque egli fosse – soprattutto conta la sua fedeltà umile ai gesti semplici della vita cristiana: la preghiera del mattino e della sera, il catechismo, la Messa insieme a tutti, la comunione, i sacramenti». Del suo «stile limpido di vita cristiana posso dare testimonianza – aveva aggiunto Monari. – È stata una persona amata e rispettata, ma anche avversata e discussa: è il destino di tutti quelli che hanno responsabilità importanti e non possono illudersi di poter piacere a tutti. Ma anche chi valutava le cose in modo diverso da lui doveva riconoscere il suo disinteresse, la sua dedizione al bene, alla Chiesa. Per quanto mi riguarda – ha poi confessato il vescovo – quello che ricordo con maggiore tenerezza sono alcuni suoi atteggiamenti di semplicità, come di bambino. Probabilmente questo apparirà strano a chi ha conosciuto solo il Camadini pubblico, quello dei consigli d’amministrazione e delle decisioni ferme; ma, incontrandolo da vicino, c’erano momenti belli, in cui la commozione prevaleva e in cui il cuore si apriva a un sorriso limpido, senza difese. Momenti di semplicità che sono nello stesso tempo momenti di verità. Anche per questi momenti mi sento di affidare Giuseppe alla bontà e alla misericordia del Signore».Quella di Camadini è stata davvero «un’esistenza straordinariamente attiva, impegnata. Verso di lui Brescia e in particolare la Chiesa bresciana hanno un grande debito di riconoscenza», aveva sottolineato Monari all’inizio dell’omelia, nella Messa concelebrata con i vescovi emeriti Bruno Foresti e Vigilio Mario Olmi (al termine della quale è stato letto il telegramma inviato a nome di Benedetto XVI). «Camadini è stato un fedele continuatore della linea feconda del grande cattolicesimo bresciano», gli ha fatto eco il cardinal Re, prefetto emerito della Congregazione per i vescovi, da Sellero dove ha concelebrato con l’emerito di Brescia Giulio Sanguineti e il nunzio emerito Giovanni Battista Morandini. Ancora Monari: la memoria di papa Montini «gli deve molto per l’impegno serio di studio e di ricerca che da lui è stato promosso». Parole pronunciate in Cattedrale al cospetto del Paolo VI raffigurato da Lello Scorzelli nel monumento che lo ritrae all’apertura della Porta santa. Il Pontefice vi appare inginocchiato sulla soglia, aggrappato alla croce pastorale. Come in attesa di un amico. Da condurre oltre. Verso l’abbraccio di quella «comunione dei santi» additata dal nipote don Alessandro Camadini nelle parole offerte al termine del rito. Gaudete in Domino: è il titolo di uno dei documenti forse più belli e meno noti del Papa di Concesio. Ed è l’invito che ha accompagnato l’ultimo viaggio di Giuseppe Camadini.