Torino. L'addio alla migrante Beauty, respinta al confine. Le parole di mons. Nosiglia
Una donna stringe tra le mani una rosa gialla mentre nel santuario torinese della Consolata entra la bara di Beauty Balogun, la giovane nigeriana morta il 23 marzo dopo il parto a seguito di un linfoma e respinta con il marito alla frontiera francese nel tentativo di raggiungere la sorella. Sulla porta della chiesa, su un tavolino la scritta “soccorrere non è un crimine”. Un fiore, un messaggio, il dolore del marito Destiny urlato all’ingresso e poi una preghiera intensa, segnata dalla commozione, ma anche dal desiderio di vicinanza a un papà rimasto solo con il suo bambino in una terra straniera, senza nulla.
Una solidarietà che si percepiva negli sguardi di chi ha scelto di recarsi sabato mattina nella chiesa della Patrona della città per salutare una donna che “ha sacrificato se stessa per donare la vita al suo bambino e questo è il sacrificio più grande che prova il suo amore” come ha richiamato nell’omelia l’arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia che ha presieduto la celebrazione. Questi i funerali di Beauty. Semplicità, dolore, ma anche “speranza per la nostra città e società” come ha più volte ricordato mons. Nosiglia.
È la speranza racchiusa nel cuore del piccolo Israel nato prematuro che i medici del Ospedale Sant’Anna stanno accompagnando nelle sue prime settimane di vita. È la speranza delle tante manifestazioni di solidarietà che il dramma di Beauty ha innescato: “la gara di prossimità e di affetto e anche di disponibilità concrete a rispondere alle necessità di Beauty e di Destiny e del loro bambino”, ha evidenziato l’Arcivescovo “mi conforta: sono orgoglioso di Torino e della sua gente, perché hanno dimostrato quanto siano importanti e concrete l’umanità e la solidarietà civile, religiosa e sociale che li animano”.
Vicinanza che lo stesso mons. Nosiglia ha messo in campo in prima persona accogliendo Destiny nel dormitorio allestito quest’inverno in Arcivescovado nell’attesa di trovare una soluzione abitativa e non solo per sostenere papà e figlio. “Tanti privati cittadini” - ha aggiunto monsignor Nosiglia - "si sono resi disponibili ad offrire il loro apporto concreto per dare una casa un’accoglienza e un lavoro a lui e una assistenza al suo bambino e mi auguro che tutto ciò segni una stagione nuova di impegno comune e che aiuti ad allargare tale fattore positivo anche a molte altre situazioni di povertà e di bisogno”.
Ed è proprio uno sguardo e una riflessione più “allargata” ai drammi di tanti migranti quella che la storia di Beauty invita ad assumere come nell’omelia ancora è stato ribadito “Purtroppo, nel nostro mondo, che ci piace pensare civile e progredito, quel che manca spesso è proprio l’attenzione ad ogni singola persona, alle sue concrete necessità, per cui va accolta e giudicata a partire da questo valore umano e civile, prima che dall’osservanza scrupolosa delle norme. Dice il Signore che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato: significa che la legge è fatta per l’uomo e non l’uomo per la legge. La mancanza, poi, di una politica europea che assicuri una stretta collaborazione tra le nazioni confinanti e scelte conseguenti, per l’accoglienza e la libera circolazione degli immigrati e rifugiati, rendono ancora più dolorosa la loro sorte”.
Un dolore che racchiuso nel santuario è stato condiviso dal rettore mons. Giacomo Martinacci, dai numerosi concelebranti, da Sergio Durando direttore della Pastorale Migranti regionale e diocesana con i tanti collaboratori, dalla comunità africana anglofona, dai volontari di varie associazioni. Presenti anche l’assessore alle politiche sociali del comune di Torino Sonia Schellino e l’assessore regionale all’immigrazione Monica Cerutti, Laura Ferraris della Prefettura di Torino. Volti, ruoli e sensibilità diverse ma accomunati dal desiderio di dare ai tanti Destiny e Israel un futuro più umano e sereno rispetto a quanto hanno vissuto nei loro paesi e alle nostre frontiere.
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