Nel 2015 meno 16%. Adozioni in caduta libera. E crollano le domande
Anno 2015, fuga dalle adozioni. Mentre il governo indugia sulle decisioni da assumere per rivitalizzare l’ormai asfittica Cai (Commissione adozioni internazionali), la crisi del settore è sempre più cupa. Le adozioni internazionali – ma anche nazionali – hanno ormai imboccato la via del precipizio e crolla soprattutto il numero delle famiglie disponibili ad aprirsi all’accoglienza. Meno 11,2% per l’adozione internazionale, meno 10% per quella nazionale. All’inefficienza del sistema corrisponde un progressivo prosciugamento dello slancio solidale.
Lo testimoniano i dati del ministero della Giustizia relativi al 2015. Secondo l’ultima statistica disponibile – visto che la paralisi della Cai ha avuto, tra le altre conseguenze, quella di interrompere il flusso delle comunicazioni sull’attività degli enti – le adozioni internazionali portate a termine nel 2015 sono state 1.741, cioè il 16,4% in meno rispetto al 2014, quando furono 2.082. Se poi si prende come riferimento il 2009, quando le adozioni internazionali furono 3.397, è evidente come in meno di sei anni il numero di minori arrivati nel nostro Paese si sia quasi dimezzato. Calo significativo anche per quanto riguarda i decreti di idoneità rilasciati dai tribunali per i minorenni e le domande di disponibilità presentate dalle famiglie. I primi sono stati 2.929, il 10% in meno rispetto ai 3.254 dell’anno precedente.
Confronto ancora più impietoso se si prende in considerazione il 2005, quando i decreti furono 6.243. In dieci anni i 'nulla osta' rilasciati dai Tribunali sono calati del 53,1%. Inutile puntare il dito contro i tribunali per i minorenni. E pretestuoso usare questo dato per accelerarne la fine. Se i decreti non vengono emessi, la ragione non è l’inefficienza degli uffici giudiziari ma il fatto che nel 2015 solo 3.668 coppie abbiano presentato domanda, con una diminuzione dell’11,2% rispetto al 2014 quando furono 4.130 le coppie disponibili all’adozione internazionale. E addirittura del 53,5% rispetto alle 7.882 del 2005. Dati altrettanto desolanti, come detto, per quanto riguarda l’adozione nazionale. Nel 2015 sono stati dichiarati adottabili 1.345 bambini (di cui 257 non riconosciuti alla nascita) ma le adozioni portate a termine sono state solo 1.057. Quindi 288 minori – forse perché già adolescenti, forse con problemi psicofisici – non hanno trovato nessuna accoglienza. Anche sul piano nazionale c’è da registrare un netto calo delle famiglie disponibili all’adozione.
Dalle 16.538 coppie che avevano presentato domanda nel 2006 si è passati alle 9.007 del 2015 (erano state 10.007 nel 2014). Non è del tutto vero però che gli oltre 5 milioni di coppie sposate senza figli abbiano escluso qualsiasi ipotesi di genitorialità, visto che nel 2015 sono state 75mila le donne che si sono sottoposte a pratiche di fecondazione assistita. E non importa che le fecondazioni coronate da successo siano state solo 12mila e i bambini effettivamente nati 9mila. Percentuali tanto irrisorie (12%) non sono state sufficienti per convincere le coppie senza figli a puntare sull’adozione. Perché questa disfatta? «Da una parte – osserva Marco Griffini, presidente Aibi – hanno pesato le campagne mediatiche finalizzate a demonizzare le adozioni, dall’altro non possiamo dimenticare le scelte del governo. Per tre anni la Cai non ha di fatto funzionato». Ora, scaduto il 13 febbraio scorso l’incarico triennale del magistrato Silvia Della Monica come vicepresidente Cai – il presidente è lo stesso premier che delega solitamente a un ministro – si attendono le decisioni dell’esecutivo.
L’incarico di guidare la Cai dovrebbe essere assegnato a Laura Laera, attuale presidente del Tribunale dei minori di Firenze che, in vista del nuovo incarico, avrebbe già inviato al Csm richiesta di distacco. Si tratta di un’ipotesi che non lascia del tutto tranquilli. Come presidente del Tribunale, Laera ha firmato tra l’altro la sentenza della scorsa settimana che ha dato via libera alla 'doppia' adozione omosessuale da parte di due coppie di padri. Posizione che aveva già sostenuto nel corso dell’audizione parlamentare sull’attuazione della legge 184, quando si era detta favorevole alla stepchild adoption sostenendo l’opportunità di decidere caso per caso.