La legge. Fragnelli (Cei): unioni civili, si evitino le soluzioni ambigue
«È evidente che questo testo apre alla possibilità che il partner dello stesso sesso sia genitore adottivo mediante “utero in affitto”. Questa prospettiva ripugna l’umano che è in noi e alimenta la barbarie che solo i ricchi di soldi (non di umanità) possono pensare e permettersi. È un mercato che strumentalizza la donna genitrice e rischia di avere effetti destabilizzanti sulla vita del bambino». Lo afferma monsignor Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani e presidente della Commissione Cei per la famiglia, in un’intervista all’agenzia Sir. Fragnelli dà atto che «usare l’espressione “formazione sociale specifica” per definire le unioni civili è segno di buona volontà e intelligenza, perché si dà valore ed evidenza alla differenza che c’è con la formazione sociale chiamata famiglia, riconosciuta dalla Costituzione; in questo modo si cuce un vestito appropriato sulle realtà nuove a cui si vuole dare attenzione con un volto giuridico più definito rispetto alla situazione attuale». Ma non nasconde le preoccupazioni: «La cultura della precarietà riceve uno stop o viene rafforzata da questo strumento giuridico?». E quanto all’adozione del figlio del partner dello stesso sesso (la cosiddetta «stepchild adoption») sottolinea che è «compito del dibattito parlamentare individuare l’istituto giuridico che meglio sappia tutelare l’interesse del minore» ricordando che «a nessuno è lecito calpestare la sua legittima attesa di identità, di affetto materno e paterno, di protezione e di libertà». In ogni caso, «bisogna evitare situazioni grigie, ambigue. L’approfondimento del dibattito dovrebbe dare corpo dalla “specificità” della “formazione sociale” delle unioni civili rispetto alla famiglia. È necessario definire chiaramente, per non far dire al testo cose che non sono state maturate in un confronto democratico, leale e responsabile». Nel voto che concluderà il confronto sul disegno di legge nell’aula del Senato, a partire dal 26 gennaio, Fragnelli infine si augura che l’annunciato «ricorso alla libertà di coscienza» si traduca in «un invito a volare alto, rivolto a legislatori e politici non di una sola parte politica. L’appello alla coscienza può essere un mezzo che permette al Paese reale di far sentire la sua parola al Paese legale. A partire dalla ritrovata coscienza, si raggiunge la coesione civile e sociale».