Le trattative politiche. Fra Draghi e il Quirinale il muro del nuovo governo
Sergio Mattarella con Mario Draghi
A meno di 90 ore dall’inizio della prima votazione per il nuovo presidente della Repubblica, tra la melina di Berlusconi e gli infiniti dubbi dentro M5s, l’unico punto fermo è che le due questioni di chi va al Quirinale e (qualora fosse Mario Draghi) di chi guiderà il nuovo governo vanno decise insieme dai partiti. Da questo assioma non si scappa, per dare soluzione al grande rebus. Ma se mercoledì le quotazioni dell’ex presidente della Bce erano in forte ascesa, la giornata di ieri si è chiusa con certezze minori.
L’identikit tracciato dalle parole di Letta e di Conte (pur in partenza fortemente contrario a Draghi) - ovvero la ricerca di un candidato «super partes» e «rappresentativo» il più possibile - può certo adattarsi molto a lui, ma non solo a lui. E non manca chi fa notare che corrisponde pure alla conferma dello status quo, con quel Mattarella-bis che il diretto interessato continua però a negare con forza in tutte le sedi.
A differenza del suo predecessore in Banca d'Italia Ciampi, quando divenne capo dello Stato, su Draghi grava la certezza che, al momento, non ha i voti per passare con la maggioranza dei 2/3. Da qui l’esigenza di tenerlo "coperto" almeno fino alla quarta votazione, evitando quindi che Berlusconi proponga lui come candidato, prima di lunedì.
Anche dal 4° scrutinio tuttavia, quando basteranno 505 voti, non è detto che l’attuale premier trovi la strada sgombra, se prima non si fa chiarezza sul governo. È di questo che si sta parlando nelle trattative sotto traccia fra i leader, anche se davanti ai cronisti tutti lo negano. Un’ammissione 'in chiaro' è venuta solo dalla Lega, dopo l’incontro di Salvini con Conte: l’ex vicepremier leghista è il più determinato a volere prima garanzie sull’esecutivo che verrà.
Un altro faccia a faccia (non confermato) è atteso fra lo stesso Salvini e Letta, il segretario del Pd. Per il momento in campo c’è solo la proposta salviniana (che però vorrebbe Draghi a Palazzo Chigi) di un governo con dentro tutti i leader di partito, fatta sua e rilanciata pure da Renzi.
Il leader di Iv pensa che, se Draghi andasse al Quirinale, la compagine ministeriale dovrà subire un restyling «profondo». L’opposto di quel che auspicherebbe il banchiere-politico, più propenso a spostare poche pedine dopo il lavoro avviato sul Pnrr.
Ecco che allora, senza garanzie, potrebbero mancargli, oltre a quelli di Fdi, i voti della Lega e anche di buona parte dei grillini - un 30% circa -, sempre convinti che Draghi capo dello Stato potrebbe facilitare, alla fine, quella chiusura anticipata della legislatura da loro temuta. E ora, dopo l’inchiesta che lo riguarda, nemmeno rasserenati dalle garanzie di Grillo, che di Draghi al Colle è sempre stato uno sponsor.