Attualità

Carcere. Foto e voci per restituire San Vittore a Milano

Lorenzo Rosoli, Milano sabato 3 luglio 2021

Una delle immagini scattate da Margherita Lazzati nel carcere di San Vittore, esposte dal 5 al 10 luglio alla Società Umanitaria di Milano

«Il carcere a Milano è San Vittore. Lo capisci solo quando ci metti i piedi dentro». Parola di Giacinto Siciliano, direttore della casa circondariale di piazza Filangieri. Uno che in carcere ci è entrato non solo con i piedi ma con la testa, il cuore, la vita. Chi volesse comprendere cosa c’è dentro – dentro le parole di Siciliano, dentro la realtà di San Vittore, dentro la vita dei suoi "abitanti" – ora ha un’occasione preziosa: la mostra «San Vittore quartiere della città» che si svolge da lunedì 5 a sabato 10 luglio alla Società Umanitaria di Milano.​L’esposizione mette in dialogo le fotografie scattate da Margherita Lazzati nei primi sei mesi del 2019 fra le mura dell’istituto di pena intitolato a Francesco Di Cataldo con passi delle interviste coordinate da Laura Gaggini e raccolte fra quanti "abitano", per lavoro o per passione civile e spirituale, il carcere di San Vittore. Immagini e interviste: sono questi i due "polmoni" del progetto «Il carcere: quartiere della città», promosso dall’associazione «Verso Itaca», che ha coinvolto un gruppo di biografi formati alla Lua-Libera Università dell’Autobiografia. Grazie a loro sono state raccolte più di 50 interviste. «Il filo che tiene insieme il progetto è l’idea che il carcere sia un quartiere della città dove uomini e donne si sono trovati a vivere gli uni accanto agli altri per passione, per scelta, per errore o per imprevedibili circostanze della vita. E l’obiettivo è quello di collocare questo quartiere ricco di umanità nel cuore della città esterna», spiega Carla Chiappini dell’associazione «Verso Itaca».

Lazzati: sfida all'intollerenza verso il mondo del carcere

Nella mostra all’Umanitaria le interviste sono distribuite su quattro pannelli; 14 le foto esposte. «A San Vittore, con l’autorizzazione del direttore Siciliano e il costante accompagnamento della vicedirettrice Elisabetta Palù e di un ispettore, ho fotografato celle, gallerie, cortili, mura e orizzonti ristretti – racconta Lazzati –. Al centro della città, luoghi che alla città sono sconosciuti. A differenza delle fotografie che ho presentato fino a oggi, qui non si vedono quasi mai persone. È una mostra che parla degli spazi fisici, obbligati, che le persone vivono. Detenuti, polizia penitenziaria, operatori e volontari non compaiono, ma sono i veri protagonisti di questi luoghi».​Margherita Lazzati da dieci anni collabora come volontaria al Laboratorio di lettura e scrittura creativa di Opera. «Amo moltissimo fare i ritratti. Ed evitando ogni retorica, mi piace "dare visibilità" a chi non l’ha. Come ho fatto nel 2015 fotografando gli homeless e le architetture dell’Expo – ricorda Lazzati –. Dal 2016 ho l’autorizzazione per fotografare a Opera. Che però è una casa di reclusione. E lì ho ritratto sia le persone detenute, sia i volontari. Mentre San Vittore è una casa circondariale. Dunque: è un luogo di passaggio, un "porto di mare", dove sono rinchiuse persone in attesa di giudizio, che poi magari verranno assolte, e questo ti turba terribilmente...». Ecco, dunque, la scelta: niente volti. Solo luoghi.​«Ho avuto piena libertà di fotografare ovunque. Nessuna censura. Il mio – chiarisce Lazzati – non è un reportage di denuncia: è un racconto. La denuncia e la presa di coscienza, casomai, devono nascere da chi legge le testimonianze e vede fotografie come quella della cella allestita per mamme che devono tenere con sé il loro bambino... Questa mostra è stata esposta per la prima volta, fra il gennaio e il febbraio del 2020, nel IV Raggio di San Vittore, quello utilizzato durante la guerra per gli ebrei e i detenuti politici. Mai il IV Raggio aveva ospitato esposizioni. Ora la mostra arriva all’Umanitaria. Per la prima volta fuori dal carcere. Come "liberata". E attendo con trepidazione le reazioni di chi la visiterà. Temo che questo tempo di pandemia abbia reso la gente ancora più intollerante verso il mondo del carcere, verso un’umanità che durante l’emergenza Covid ha conosciuto fatiche e sofferenze drammatiche. È questa umanità, con i suoi luoghi di vita, che vogliamo restituire alla città. Come quartiere fra i quartieri. Come persone tra le persone».

Un'altra delle fotografie scattate da Margherita Lazzati nei primi sei mesi del 2019 fra le mura dell’istituto di pena intitolato a Francesco Di Cataldo - (foto M. Lazzati)

Gli orari della mostra

«San Vittore, quartiere della città» è il titolo della mostra ospitata dal 5 al 10 luglio nel Chiostro dei Glicini della Società Umanitaria di Milano (ingresso da via San Barnaba 48; orario 8,30-20). La mostra, nella quale le foto scattate da Margherita Lazzati dialogano con le interviste agli "abitanti" di San Vittore raccolte dai "biografi" guidati da Laura Gaggini, è realizzata con la collaborazione della Galleria l’Affiche ed è espressione del progetto «Il carcere: quartiere della città». Quattordici le foto esposte, 10 verticali e 4 orizzontali, formato 90 per 120 centimetri. L’inaugurazione: lunedì alle 18,30. Con Lazzati e Gaggini interverranno Carla Chiappini («Verso Itaca»), il direttore di San Vittore Giacinto Siciliano e l’ex direttore dello stesso istituto, Luigi Pagano.

I contatti per le visite guidate

Il progetto «Il carcere: quartiere della città» è promosso dalla associazione «Verso Itaca Aps», assieme alla casa circondariale milanese di San Vittore, e ha il sostegno della Fondazione Cariplo. Alla sua realizzazione hanno collaborato: Auser, Centro Nazionale di Ricerche e Studi Autobiografici Athe Gracci, Progetto Ekotonos e Quartieri Tranquilli con il patrocinio della Camera Penale di Milano. Per visite guidate alla mostra ospitata dal 5 al 10 luglio all’Umanitaria: Laura Gaggini (331.4435314); Galleria l’Affiche (02.86450124).