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L'intervista. Foti: «È un decreto da applausi. Tagli strutturali? Se il Pil salirà»

Matteo Marcelli venerdì 5 maggio 2023

Il capogruppo di Fdi Tommaso Foti

Capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio, Tommaso Foti ritiene «strumentali» le critiche al “decreto lavoro” da parte dei sindacati che, dice, con le proteste degli ultimi giorni «hanno perso un’ottima occasione per dimostrare che rappresentano ancora i lavoratori».

Foti, è anche vero che non c’è ancora un testo definitivo e. Visto il ritardo, si potrebbe pensare che l’esigenza di vararlo nel Cdm del Primo maggio non fosse poi così giustificata, non crede?
Era importante vararlo per fare in modo che venisse pubblicato il più presto possibile. Ci sono decreti che vengono pubblicati il giorno dopo, altri (è accaduto con diversi governi) sono stati pubblicati anche un mese dopo l’approvazione. Si tratta di una questione tecnica, non politica: dopo il varo i decreti-legge subiscono una seconda operazione di drafting che spesso e volentieri non è immediata.

Cosa ne pensa delle reazioni dei sindacati e delle minacce di sciopero della Cgil?
Hanno perso un’occasione storica per dimostrare che sono ancora i sindacati del lavoro e non solo dei pensionati. Un provvedimento come questo, specie per quanto riguarda il taglio del cuneo fiscale, che mette più soldi nelle tasche dei lavoratori, credevo venisse accolto dagli applausi. Poi va ristabilita una verità storica: non più tardi di dicembre Ladini diceva: “o il taglio è di 5 punti o scendiamo in piazza”. Ora il taglio è di 6 o 7 punti a seconda del reddito eppure minaccia ancora di scendere in piazza. Qualcosa non torna.

La critica di Cgil e Pd, però, si riferiva al fatto che la misura finirà a dicembre. La renderete strutturale?
L’intenzione c’è. Prima di impegnarci dobbiamo vedere come andrà l’economia. Abbiamo un Pil che cresce dello 0,5%, è vero, ma più di quello francese e tedesco. L’Istat certifica un tendenziale dell’1,8%: l’opposto rispetto alle previsioni di recessione vaticinate da molti con l’insediamento del governo. Se l’economia tiene, potrebbero esserci le condizioni per liberare risorse per una misura che costa 10-11 miliardi, perché questo è il punto di caduta. Faccio presente che il governo deve scontrarsi con due difficoltà. La prima è che negli ultimi 5 anni il debito pubblico è aumentato di 400 miliardi di euro. E la seconda è che dopo dieci anni di tassi di interesse a zero deve far fronte a tassi che vanno al 4%.

Si è parlato anche di detassazione delle tredicesime e avvio della riforma dell’Irpef. C’è margine per fare tutto? Qual è la priorità?
La riforma fiscale entrerà in vigore completamente in due anni. Iniziamo a fare in modo che entro l’estate l’approvi il Parlamento. Per quanto riguarda le priorità, e al di là dell’Irpef, faccio notare che le tax expenditures in Italia sono circa 600 e portano a circa 80 miliardi di minor gettito. Occorre una pulizia e una semplificazione per fare in modo che producano sotto il profilo degli investimenti o della spesa. Questo è senza dubbio un obiettivo fondamentale.

L’altra critica è quella sulla “liberalizzazione” dei contratti a termine. Non crede che il lavoro sia già abbastanza flessibile?
Da quando è stata cambiata la normativa sui contratti a termine si perdono tra le 40mila e le 80mila occasioni di lavoro l’anno. Occorre un uso più flessibile di questa tipologia contrattuale. Oltretutto i contratti hanno valore solo se rispettano i Ccnl, o se vengono utilizzati per sostituzioni o se ci sono esigenze di natura organizzativa individuate dalle parti, ma fino al 31 dicembre 2024.

Ma onestamente con un lavoro così precario come convincere le giovani coppie a fare figli?
La domanda è pertinente. Però le chiedo: non facendo lavorare la gente ritiene che le cose possano andare meglio? Poi vorrei dire a chi parla di precariato che con il governo Meloni, anche nel mese di febbraio, sono aumentati i contratti stabili.

Cambiando argomento, come commenta le parole del ministro dell’Interno francese sull’«incapacità» del governo di gestire i flussi?
Sono dell’avviso che quando vi sono dei rapporti tra Stati bisognerebbe contare fino a dieci prima di esprimersi. Quando poi si scade in offese gratuite, prima ancora che inaccettabili, francamente mi cadono le braccia. Mi sembra un intervento scomposto e ingiusto. Non c’erano motivi per un’uscita del genere. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il deputato replica al Pd: «A chi parla di precarietà vorrei dire che con il governo Meloni, anche a febbraio sono cresciuti i contratti a tempo indeterminato»