La reazione. «C'è disagio diffuso, Ue ne prenda atto»
Suona per tutti in Europa, anche per noi, la campana dopo l’avanzata in Francia del Fronte Nazionale di Le Pen alle amministrative. Il giorno dopo, il tema dilaga nei dibattiti politici nelle Cancellerie del continente. E arriva fino a L’Aja, dove i leader del G7 sono riuniti per il vertice sulla sicurezza nucleare. C’è pure Matteo Renzi, per nulla sorpreso del dato transalpino. E nel tardo pomeriggio, prima di riprendere (in anticipo) la via per Roma, affida ai giornalisti le sue considerazioni, tracciando un parallelo fra il voto in Francia (definito «un voto locale», ma comunque molto «significativo») e quello di fine maggio, per le Europee, in Italia. «Non credo che bisogna chiedere ora all’Europa di riflettere su se stessa perché lo avevamo già chiesto prima e continuiamo a farlo», dice il premier, sottolineando che anche in Italia la protesta «è forte».Lo sa bene lui, che dell’avvento di una nuova costruzione europea, più attenta al lato umano e sociale e meno a quello contabile-burocratico, ha sempre fatto uno dei suoi slogan preferiti. Insomma, secondo Renzi il voto francese deve far riflettere ancor più Bruxelles sull’esigenza di «prendere atto di un diffuso senso di contestazione e di antipolitica» e, quindi, «mettere al centro la crescita e la lotta alla disoccupazione». Sono i problemi di sempre, acuiti da un Pil (il Prodotto interno lordo) medio nell’eurozona che è oggi tre punti al di sotto del 2007, prima dello scoppio della crisi.I toni di preoccupazione rimbalzano dall’Olanda a Roma. Nella capitale Giorgio Napolitano è alla commemorazione delle Fosse Ardeatine. Da lì lega la strage del passato ai fatti di oggi, ribadendo l’importanza di quell’unità europea «che troppo superficialmente da varie parti si cerca di screditare e di attaccare».
Il successo dell’estrema destra alle amministrative d’Oltralpe ha reso chiaro quale sarà il tema della campagna elettorale anche da noi, fino al 25 maggio: da una parte gli europeisti convinti (che non rinunciano, però, a criticare l’attuale politica Ue); dall’altra gli anti-europeisti che, da tempo, hanno dichiarato guerra all’euro e al rigore imposto da Bruxelles.Il timore è che l’ondata di antieuropeismo possa travolgere le stesse istituzioni europee e che dalla critica alle politiche economiche restrittive si passi a un attacco indiscriminato a tutta l’Unione Europea. Il riferimento fatto da Renzi alle proteste italiane è chiaramente al M5S e alla Lega. Il Carroccio, l’unico movimento italiano ad avere un accordo con la destra francese per le Europee, rimarca l’identità di vedute con Marine Le Pen. Anzi, il segretario del partito coglie subito l’occasione di attaccare Napolitano per le parole pronunciate ieri: «Sono vergognose – afferma Matteo Salvini –. I dinosauri e gli Euro-burocrati hanno paura! Dalla Francia arriva un vento di Libertà». Salvini vuole battere il ferro finché è caldo e capitalizzare il successo della Le Pen: per questo oggi sarà a Roma per un incontro su sicurezza ed immigrazione.
Il dibattito tra le due fazioni necessariamente inciderà sull’agenda politica nelle prossime settimane. Il timore degli europeisti è che il sentimento "anti" si trasformi in un fiume in piena. Gli argini vanno rinforzati. In molti, poi, vedono nel voto transalpino l’indicazione di una piena più a monte che presto potrebbe arrivare e travolgere tutto. Ecco che serve pure in Europa una «svolta buona». E il nostro premier è pronto a cavalcare l’onda: d’altronde, sia nella conferenza stampa dopo il Consiglio Ue di venerdì scorso, sia nella discussione in Parlamento che aveva preceduto il vertice, il capo del governo ha insistito sulla necessità di una discontinuità delle politiche di bilancio. È quella che Renzi aspetta per aiutare la ripresa di tutti, e la nostra in particolare. A livello internazionale, assicura dopo i contatti avuti ieri in sede G7 con gli altri leader mondiali, c’è «grande interesse, apprezzamento e fiducia sull’Italia» e sulle «riforme, abbiamo molto da dare e non solo da chiedere». E per questo «forse noi per primi dobbiamo toglierci un po’ del provincialismo e smetterla di pensare che il nostro contributo non sia apprezzato nel mondo». È un’altra sfida, non meno difficile per Renzi.