Attualità

Il convegno. Per tornare a fare figli «l'assegno unico non basta»

Matteo Marcelli mercoledì 14 febbraio 2024

Dialogare con la politica per restituire alla famiglia la centralità che merita. Questo l’auspicio che ha accompagnato il convegno ospitato ieri al Senato e organizzato dal Forum delle Associazioni familiari su iniziativa del senatore Raffaele Speranzon di Fdi. Un’occasione per discutere di Fisco, assegno unico e riforma dell’Isee, con l’obiettivo di sollecitare maggior attenzione sul tema e di proporre (o meglio riproporre) soluzioni efficaci alla crisi demografica in corso. Un impegno necessario, ma attuabile solo a patto di un riconoscimento «strutturale» dell’importanza della famiglia e «non ideologico», come quello chiesto dal presidente del Forum, Adriano Bordignon. L’alternativa, ha proseguito citando uno studio del demografo Alessandro Rosina, è arrivare al 2080 con una popolazione ridotta a 42 milioni di abitanti, «come se il Lazio, la Campania e la Calabria venissero svuotate». Uno scenario tutt’altro che distopico, ma sviluppato sulla base di dati ormai consolidati, seppur non ancora tenuti nella dovuta considerazione.


Ma qual è la percezione dei nuclei italiani rispetto alle politiche familiari finora attuate? Parte della risposta è in uno studio su circa 2mila famiglie con figli di età compresa tra 0 e 11 anni, presentato da Francesco Belletti, sociologo e direttore del Centro internazionale studi famiglia (Cisf). Solo il 24,6% degli intervistati ritiene che il sostegno più importante arrivi dagli aiuti economici dello Stato, mentre il 46,1% è convinto che venga dai nonni o da altri parenti. L’impedimento maggiore alla creazione di una famiglia deriva invece dalla mancanza di uno stipendio adeguato (64,6%) o di un lavoro più stabile e sicuro (56,5%). Per quanto riguarda l’Assegno unico, invece, lo strumento appare tuttora insufficiente e solo il 5,5% delle famiglie sostiene che la cifra sia stata “molto adeguata” alle proprie necessità, mentre il 41,6% la definisce “poco adeguata” e il 25,9% “per niente” adeguata. Eppure, come rilevato da Matteo Rizzoli, professore di Politica Economica all’Università Lumsa, il modello sociale basato sulla famiglia, a differenza di altre possibili alternative, «non solo resta una costante antropologica di ogni comunità umana», ma è anche «il più efficiente».


Ma perché allora si ha timore di costruire una famiglia? Per Alessandro Cattaneo, deputato di Fi, il motivo è anche culturale, visto che «a redditi alti non sempre corrisponde un alto numero di figli», mentre per Speranzon, anche se la direzione intrapresa dal governo è quella giusta, per attuare le riforme necessarie occorre un maggior grado di stabilità degli esecutivi. Tuttavia, ha precisato, quello in carica può vantare diversi traguardi, «come la decontribuzione per le mamme lavoratrici, l’aumento dei congedi parentali, il raddoppio dello sgravio sui fringe benefit e l’asilo nido gratuito a partire dal secondo figlio». Secondo Simona Malpezzi, vicepresidente della commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza, «è fondamentale che la politica intervenga per individuare prospettive rimuovendo le cause economiche che spaventano le giovani generazioni ». Ma per farlo serve «consentire che il nido sia un diritto esigibile economicamente da tutti» e «intervenire sugli stipendi attuando il diritto alla parità salariale e contrastando il lavoro povero di cui le donne sono spesso vittime».


Sulla continuità delle politiche introdotte dal governo Draghi ha invece insistito l’ex titolare della Famiglia, Elena Bonetti, convinta dell’importanza di «riprendere con forza e determinazione il discorso della riforma delle politiche familiari». Perché «l’Assegno unico sta portando frutti importanti, ma non si può arretrare e va rivisto e riformato anche l’Isee». Dei rischi demografici costituiti dalla mancata tutela della famiglia ha parlato infine Luigi Marattin, deputato di Iv, che ha parlato del calo della natalità come di una «minaccia al sistema Paese». «Se non si interviene concretamente - ha aggiunto - rischiamo non un inverno, bensì un vero e proprio inferno demografico. In tal senso, vanno stanziate più risorse destinate all’Assegno Unico, che occorre potenziare anno dopo anno, e alla detassazione del secondo percettore di reddito che spesso è la donna».