Foggia. Spari contro lavoratore nigeriano. Il vescovo: è la sottocultura della violenza
Riprendono le aggressioni contro gli immigrati a Foggia. Tre colpi di pistola sono stati sparati contro un giovane nigeriano. E ricominciano dopo un anno i lanci di sassi contro i braccianti che vanno al lavoro. L'episodio più grave accaduto all'alba in via degli Aviatori. Il nigeriano di 22 anni stava andando al lavoro in bicicletta. È stato affiancato da due persone a bordo di uno scooter che, senza dire una parola, gli hanno sparato con una pistola a pallini. Tre colpi lo hanno raggiunto a un braccio e alle gambe. Il ragazzo, il suo nome è Victor Gbadamasi, ha telefonato per chiedere aiuto a Giusy Di Girolamo, direttrice della Caritas diocesana che da tre anni lo ospita. "Mamma mi hanno sparato". "Sono subito corsa lì - ci racconta - e l'ho portato in ospedale. Ho subito avvertito la Questura e sono venuti a interrogarlo". Le sue condizioni non sarebbero preoccupanti. Dopo le medicazioni è stato dimesso con una prognosi di due settimane ed è potuto tornare nella casa di accoglienza della Caritas.
Il ragazzo fino al 2017 faceva il saldatore in un cantiere navale a Manfredonia, sfruttato e con contratto irregolare. Poi ha avuto un infortunio nel quale ha corso il rischio di perdere una mano ma il datore di lavoro lo ha cacciato. Ha trovato così ospitalità alla Caritas foggiana. Nel frattempo per colpa del cosiddetto "decreto sicurezza" è diventato irregolare, uno dei tanti "invisibili". Ora però, grazie al decreto regolarizzazioni e all'impegno dei volontari ha trovato un lavoro come domestico e presentato la domanda per il permesso di soggiorno. Questa mattina stava proprio andando dalla signora che lo aveva assunto una settimana fa, quando è stato ferito.
Un episodio che non viene assolutamente sottovalutato. Il prefetto Raffaele Grassi ha convocato per domani un Comitato per l'ordine e la sicurezza e ha già dato indicazioni di rafforzare la sorveglianza a tutela degli immigrati. Infatti nei giorni scorsi vi sono state già alcune aggressioni nei loro confronti, in particolare nelle ore della movida. Una situazione che preoccupa. Poco più di un anno fa, tra il 13 e il 23 luglio, ci furono quattro aggressioni a sassate contro braccianti che in bicicletta stavano andando al lavoro. Sempre all'alba. Proprio come oggi. Allora vennero feriti nove ragazzi, il più grave, Kemo Fatty, gambiano di 23 anni, corre il rischio di perdere la vista (QUI). A lanciare le pietre due ventenni foggiani, poi arrestati con l’accusa di lesioni pluriaggravate, per motivi di discriminazione razziale. Ora si teme una ritorno di quelle gravi e assurde violenze. E proprio Kemo al telefono ci riferisce che sono riprese le sassaiole all'alba contro i braccianti in bicicletta. "Come un anno fa", ci ripete. Ma domani per lui sarà una bella giornata. Comincia il lavoro alla Princes, la multinazionale conserviera che lo ha assunto attraverso la Caritas. Una buona notizia in un periodo che torna pieno di gravi tensioni.
La denuncia dell'arcivescovo Pelvi: "È la sottocultura della violenza. E un rigetto dell'integrazione"
"È una sorta di bullismo, si diventa forti coi più deboli e con le persone più fragili, più indifese. È la sottocultura della prepotenza e della violenza". Che poi anche dopo fatti così gravi fa dire "che ho fatto di male?". Si perde la ragionevolezza". Così l'arcivescovo di Foggia-Bovino, monisgnor Vincenzo Pelvi definisce le nuove aggressioni contro gli immigrati. "Sono molto preoccupato, è un continuo - denuncia -. Prima le pietre e ora i pallini di piombo sparati alla cieca. Pensi se lo colpivano in un occhio! È un episodio che non lascia sereni, che scuote. Io credo che la gente di Foggia deve averne coscienza. Richiamo la responsabilità degli adulti, in particolare dei genitori, che va risvegliata, una responsabilità che è, invece, quasi agonizzante". E per l'arcivescovo le gravi conseguenze sono evidenti. "Ogni notte a Foggia è uno sballo continuo tra alcol e droghe. I ragazzi sono lasciati a loro stessi. Per strada. Non c'é la capacità di investire sul rispetto e la difesa della vita di ogni persona. Vedo poi segnali di scarsa accoglienza, un rigetto dell'integrazione che noi invece cerchiamo di promuovere come dono che non ha prezzo ma che la fascia giovanile ancora non si riesce a gustare".
Così Pelvi torna a fare "un appello agli adulti che non stanno donando i valori. E così lasciano i ragazzi a loro stessi, mentre hanno bisogno di essere accompagnati e orientati. Se no sbandano, sono soli, e si riferiscono a modelli di adulti non positivi". E un appello anche alle "autorità locali che dovrebbero avere più attenzione". Ma soprattutto, conclude l'arcivescovo "bisogna ribaltare un modo di vivere che vada veramente nella linea dell'altro come necessario. Siamo tutti necessari, nessuno escluso"