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Foggia. Urla e violenze, in corsia come in trincea. I medici: «Lasciamo gli ospedali»

Thomas Usan venerdì 6 settembre 2024

Le urla, la rivolta: «Ce l'avete ammazzata». Poi la violenza senza precedenti, che segna un punto di non ritorno nel lungo capitolo delle ferite della sanità italiana: in 50, tra amici e parenti di una giovane morta per le conseguenze di un in incidente in monopattino, si sono scagliati contro i medici e gli infermieri del policlinico Riuniti di Foggia, aggredendone alcuni con calci e pugni e costringendoli a riparare in uno stanzino, barricati e terrorizzati dietro ai macchinari spinti contro la porta. Come in guerra. Non ha precedenti quello che è accaduto l'altra notte nella città pugliese, dove l'intero reparto di Chirurgia toracica della struttura - decine tra chirurghi, anestesisti e infermieri - sono stati vittime di un pestaggio da parte dei familiari di una paziente dopo aver comunicato loro la notizia del decesso.

L'aggressione

L'aggressione è documentata da un video diventato virale in queste ore. Una cinquantina le persone che sarebbero riuscite ad entrare nel reparto e una ventina, stando a indiscrezioni, quelle che sarebbero entrate in contatto con il personale sanitario. Un chirurgo è stato colpito con diversi pugni in viso, riportando ferite e contusioni, mentre una dottoressa ha riportato la frattura di una mano. Altro personale è riuscito a barricarsi, appunto, in una stanza e ad allertare le forze dell'ordine. Sul posto, dopo l'allarme, sono arrivate diverse pattuglie di polizia che hanno sedato, senza poche difficoltà, i parenti e gli amici della ragazza. Lei, la 23enne, si chiamava Natasha Pugliese ed era rimasta coinvolta lo scorso 18 giugno in un investimento nei pressi dello stadio di Cerignola, mentre era su un monopattino. Dopo essere stata trasportata al pronto soccorso locale, vista la gravità delle sue condizioni, s'era deciso per il trasferimento in elisoccorso al Policlinico Riuniti di Foggia: qui era rimasta per diverse settimane in rianimazione, per poi essere spostata in riabilitazione e sottoposta a un primo intervento chirurgico. Nel pomeriggio di ieri una seconda operazione, per via di un restringimento del canale respiratorio, durante la quale Natasha è deceduta.

I medici: «Ora basta. Tutele o abbandoniamo gli ospedali»

Sul caso è intervenuto subito il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato: «Ai medici, agli infermieri e a tutto il personale del reparto e dell'ospedale - ha affermato -. È mia intenzione recarmi al policlinico di Foggia già domani di rientro da Roma. Come già ribadito - conferma il sottosegretario - siamo pronti a valutare ulteriori misure di sicurezza per tutelare l'incolumità del personale sanitario e socio-sanitario e ad applicare le norme che rendono più immediata la pena per chi si rende colpevole di simili reati. Abbiamo infatti introdotto la procedibilità d'ufficio per lesioni, anche lievi, a carico degli operatori sanitari e l'estensione della reclusione fino a 5 anni». Ma è soprattutto la rabbia del personale sanitario ad esplodere in queste ore. I medici «sono spaventati e molti pensano addirittura di dimettersi dal proprio incarico» ha avvertito il presidente dell'Ordine dei Medici di Foggia Pierluigi De Paolis, per il quale «la situazione solleva urgenti riflessioni sulla sicurezza del personale medico. Bisogna interviene nuovamente per inasprire il quadro sanzionatorio in relazione alle aggressioni ai danni dei medici e sanitari». L'Ordine dei Medici, insieme ai medici del policlinico di Foggia, ora «si dice pronto ad organizzare una forma di protesta che possa coinvolgere l'intero mondo medico».

Un frame del video girato dai medici dell'ospedale di Foggia, barricati in uno stanzino per evitare il linciaggio - .

«Non siamo assassini e della solidarietà, dei tavoli di confronto, delle dichiarazioni di sostegno non ce ne facciamo più nulla. Il pestaggio avvenuto al Policlinico di Foggia ai danni dei nostri colleghi ci lascia basiti soprattutto per la facilità con cui è stato commesso e l'impunità. Consentire a ben 50 persone di fare irruzione in un reparto ospedaliero vuol dire che sono state violate le più elementari regole di controllo». I leader dei sindacati dei medici del Ssn, Pierino Di Silverio (Anaao Assomed) e Guido Quici (Cimo-Fesmed) non ci stanno a far passare sotto silenzio l'accaduto: senza misure concrete e immediate, avvertono, «abbandoniamo gli ospedali». «Non vogliamo che questi episodi rientrino in una specie di “routine della violenza” che si ripete quasi con monotona regolarità e alla quale si stanno abituando tutti, dalla politica alle istituzioni e all'opinione pubblica - dichiarano -. Per non parlare dell'inaccettabile insensibilità delle aziende, indifferenti al dovere di mettere in sicurezza i propri ospedali oltre che il personale che vi opera. Chiediamo quindi un piano straordinario di riforma del sistema delle cure e dell'emergenza e nell'immediato un incontro con il ministro della Salute, affinché vengano condivise misure urgenti che possano fare da deterrente a questi raid insensati. In mancanza di risposte, non abbiamo altra soluzione che abbandonare gli ospedali» ribadiscono.

«Chiediamo una risposta esemplare da Stato e Regioni» le parole del presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli. «Allo Stato - specifica - chiediamo che i sanitari, i medici siano difesi, siano messi nelle di sicurezza per poter operare. Non è possibile considerare oggi che l'accesso in qualsiasi struttura sanitaria sia libero, senza le opportune misure di sicurezza. Chiediamo - aggiunge - che il Parlamento valuti di estendere l'arresto differito in flagranza anche per le situazioni di aggressione nei confronti dei sanitari. Chiediamo che le strutture ospedaliere, le strutture sanitarie siano video-vigilate in modo tale da applicare agli aggressori le pene previste dalla legge».