Migranti. Flussi, asilo e Ong: perché il governo ha rinviato la riforma
Tornerà sul tavolo del Consiglio dei ministri mercoledì, l’annunciato decreto legge che revisiona le procedure relative ai flussi d’ingresso dei lavoratori stranieri, introduce altre norme anti caporalato e dispone nuovi strumenti di controllo sull’attività di salvataggio dei migranti in mare da parte delle navi delle organizzazioni non governative. L’annuncio del rinvio alla prossima settimana è giunto, inatteso, ieri poco dopo le 13, all’inizio della conferenza stampa di presentazione dei provvedimenti varati dal Cdm. La bozza dello schema di decreto legge - contenente pure le misure sulle ong, come anticipato da Avvenire - pareva aver superato giovedì il vaglio tecnico-giuridico del pre-Consiglio.
Invece ieri, quando la premier Giorgia Meloni ha esaminato il testo insieme ai ministri, dopo un articolato confronto - non è dato sapere quanto animato - la decisione è stata quella di procrastinare il via libera per limare il provvedimento. Rispetto ai contenuti, il dl - ha chiarito il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano - si articola lungo quattro direttrici: «Dare effettività agli ingressi regolari e al collegamento col lavoro», con clic day su base regionale e verifiche serrate sulla firma dei contratti; rendere «il contrasto al caporalato e allo sfruttamento in nero, qualcosa di più effettivo»; fornire «maggiori garanzie di identificazione del migrante che arriva irregolarmente»; effettuare «un esame più accurato dei ricorsi contro i dinieghi delle domande di protezione».
A esporre le ragioni del rinvio, in conferenza stampa, è stato sempre Mantovano: «Non c’è nessun contrasto tra ministri, tra forze politiche. C'è l’esigenza, trattandosi di una materia particolarmente complessa, di arrivare a un prodotto definito che regga e che leghi bene ciascuna delle parti reciprocamente», ha asserito, aggiungendo che l’esecutivo ha ritenuto necessario «un approfondimento su alcuni aspetti che richiedono la collaborazione ed il coordinamento fra più strutture». Dalle opposizioni, invece, lo stop viene interpretato come «l’ennesimo rinvio che nasconde le divisioni nella maggioranza di Governo», per dirla col deputato di Avs, Angelo Bonelli.
Interpellate da Avvenire in serata, diverse fonti di maggioranza hanno ribadito la medesima lettura, precisando che si tratta di «approfondimenti tecnico-legislativi», focalizzati - viene riferito - su alcuni aspetti: trovare una formula per consentire la permanenza regolare ai lavoratori stranieri a cui sia scaduto il contratto, nelle more di un’altra possibile assunzione; canalizzare meglio e agevolare l’ingresso regolare di badanti, categoria di cui in Italia c’è forte bisogno.
Non è da escludere, ma non trova conferme ufficiali, che un altro punto cruciale da valutare sia quello relativo alle istanze di ricorso dei richiedenti asilo a cui viene respinta la domanda di protezione. I due centri per migranti in Albania a Shengjin e Gjader apriranno a metà ottobre (5 mesi in ritardo) e il governo cerca di “blindare” normativamente la possibilità di trasferire e trattenere là gli stranieri da sottoporre alle procedure accelerate di frontiera, con successivo rimpatrio (come dispongono le previsioni del “decreto Cutro”, che però diversi tribunali in Italia stanno bocciando). Sul tema, le nuove norme obbligano il richiedente asilo di cooperare con le autorità italiane per l’accertamento della sua identità, producendo «elementi in possesso anche se detenuti sui dispositivi elettronici mobili, relativi all’età, all’identità, alla cittadinanza e ai Paesi in cui ha soggiornato in precedenza». E se non coopera, «il questore può richiedere all’autorità giudiziaria l’autorizzazione all’accesso» al suo cellulare o ad altri dispositivi elettronici. Se il richiedente non dovesse consegnare «il passaporto o altro documento in corso di validità o non presti idonea garanzia finanziaria» (e perfino in attesa del perfezionamento della procedura) è previsto il suo trattenimento: sul punto c’è stato un confronto fra Giustizia (che sottolinea l’importanza di non violare la riservatezza) e Interno, dove si attribuisce alla misura un intento di mero controllo. Ancora, in merito alle garanzie del richiedente asilo, le modifiche delle leggi in vigore consentirebbero l’esame della domanda di protezione anche in Albania e verrebbero dimezzati (da 14 a 7) i giorni concessi al richiedente per ricorrere contro il diniego.
Infine, nel testo sono incluse alcune norme riguardanti il soccorso in mare delle navi non governative. Gli aerei che monitorano il Mediterraneo (la ong Sea-Watch ne ha due, Moonbird e Seabird, già oggetto di ordinanze dell’Enac) in caso di avvistamenti di migranti saranno obbligati ad avvisare «immediatamente e con priorità» gli enti competenti per l’area, attenendosi alle loro indicazioni, pena una multa fino a 10mila euro e un fermo di 20 giorni. Ma sul punto sarebbero in corso altri approfondimenti degli uffici legislativi. Sarebbe «L’ ennesima norma contro le Ong che salvano persone in mare, l’ennesima follia contro chi chiede protezione» lamenta Marco Grimaldi, parlamentare di Avs, sostenendo che «l’Italia è già orbaniana».