Attualità

ESECUTIVO IN BILICO. Fli esce dal governo e accelera sulla crisi

Giovanni Grasso martedì 16 novembre 2010
Con le dimissioni della delegazione di Fli al governo, accolte con il grido unanime di «traditori» da parte degli ex alleati di maggioranza, la "strana" crisi che il Paese sta vivendo entra in una nuova fase. E domani, al Quirinale, Giorgio Napolitano intende cominciare un giro di orizzonte, ascoltando i presidenti di Camera e Senato.Una decisione che ha subito creato nuove polemiche, per il ruolo di Gianfranco Fini. Gli esponenti del Pdl e della Lega hanno fatto il tiro a bersaglio sul "doppio" incarico del leader di Fli: quello di presidente della Camera, appunto, e di capopartito. Dice ad esempio Osvaldo Napoli (Pdl): «È il più anomalo dei vertici istituzionali mai riunito al Quirinale. Un presidente della Camera, insieme leader del partito che ha provocato la crisi, riferirà al Capo dello Stato le sue valutazioni su come superare la crisi». E il viceministro leghista Roberto Castelli chiosa sarcastico: «Sicuramente Fini andrà con appuntato al petto il distintivo del suo nuovo partito, ma parlerà con grande obiettività della situazione politico-istituzionale del Paese».In realtà, il Quirinale ha fatto sapere che non si tratta dell’inizio delle consultazioni (che non potrebbero iniziare, senza le dimissioni del governo), ma di un appuntamento al vertice per fare il punto sul calendario parlamentare. Contestualmente, proprio per rispetto al capo dello Stato, le due Camere hanno simultaneamente annullato la conferenza dei capigruppo prevista per oggi, dalle quali sarebbe dovuto sortire il calendario per la discussione della mozione di sfiducia, presentata da Pd e Idv, a Montecitorio e di quella di fiducia, firmata Pdl e Lega a Palazzo Madama. È noto, infatti, che Giorgio Napolitano ha massimamente a cuore l’approvazione della manovra finanziaria, in un momento economico molto delicato, mettendola al riparo dai venti di crisi. Ma è chiaro che i temi di fondo della situazione politica saranno oggetto di discussione.Intanto, altre conferme arrivano dal Quirinale sulla contrarietà del presidente della Repubblica all’ipotesi di scioglimento di una sola Camera, rilanciata in queste ultime ore anche dal presidente del Consiglio. Non solo perché un’idea del genere va a interferire direttamente con i poteri che la Costituzione assegna in via esclusiva al capo dello Stato. Ma anche perché dello scioglimento di una sola Camera non c’è alcuna traccia nella storia costituzionale recente del nostro Paese. Anzi, si ricorda che - in una situazione opposta e speculare, con Prodi in affanno al Senato - l’esponente della Margherita Gerardo Bianco scrisse una lettera all’allora presidente della Camera Fausto Bertinotti, sottoponendogli l’eventualità dello scioglimento della sola Camera Alta. Bertinotti replicò affermando che era un’ipotesi impraticabile. Ma quello che è più interessante è che l’esponente leghista Roberto Calderoli, allora all’opposizione, bollò (è il 28 gennaio del 2008) l’idea di Bianco con queste parole: «Arrivare a proporre lo scioglimento solo del Senato, mantenendo in vita soltanto la Camera in funzione di una maggioranza numerica, rappresenta un atto eversivo».La decisione della pattuglia dei ministri e sottosegretari di Fli di lasciare il governo, ha prevedibilmente portato lo scontro all’interno dell’ex maggioranza a temperature stellari. «Si è consumato il tradimento», ha detto il ministro del Welfare Maurizio Sacconi. E di «tradimento» o «traditori» hanno parlato in numerosi nel Pdl e nella Lega: Bertolini, Bergamini, Casoli, Vitali e tanti altri. La replica di Fli non si fa attendere. Dice il sottosegretario dimissionario Roberto Menia: «Non è che uno è un traditore se ha il coraggio di dire qualcosa. Noi offriremo agli elettori un centrodestra diverso, un centrodestra altro». Mentre Italo Bocchino rispedisce a Sacconi l’accusa di traditore: «Non merita risposta. Diffido sempre di chi ha cambiato posizione passando da un estremismo all’altro».