«Una nuova agenda economico sociale e una nuova legge elettorale». I due punti su cui avanza l’ipotesi della Grande Mediazione - e di un nuovo Patto di Legislatura - che porterebbe a un Berlusconi bis subito dopo il voto del 14 alla Camera, la mette in "chiaro" Italo Bocchino, in serata. Il capogruppo alla Camera di Fli ripete ancora il verbo finiano: «Il premier si dimetta prima e avrà il reincarico in 72 ore», dice. Ma è più rilevante la seconda affermazione, la disponibilità, ora netta, a un Berlusconi bis, mentre la prima, la richiesta di dimissioni, sembra più che altro un atto dovuto, per via degli sms con cui l’ala dura dei finiani (i Granata, i Briguglio) continua a intimare di non cedere alle sirene berlusconiane.Ma la Mediazione muove passi da gigante in queste ore. A condurla, per conto di Silvio Berlusconi, sono gli ambasciatori Gianni Letta e Angelino Alfano, interlocutori privilegiati tanto di Fini, quanto dell’Udc. Non a caso è a loro due, martedì, che il premier ha chiesto di farsi ragguagliare, non appena giunto a Roma, traendone auspici positivi sul prosieguo di legislatura. E tutto lascia presupporre, anche se nessuno è disposto ad avallarlo ora, che proprio la promozione di uno dei due Grandi Mediatori sia il completamento dell’accordo possibile: dunque Gianni Letta vicepresidente unico, o con Roberto Maroni. O in alternativa, se Letta preferisse proseguire nel lavoro oscuro in cui eccelle, ci sarebbe l’ipotesi di un ruolo di un avanzamento di ruolo per il ministro della Giustizia che era stato fra i primi a parlare di Fli come terza gamba della coalizione.Bocchino nega categoricamente che abbia avuto un incontro l’altra sera con Berlusconi, ma la smentita sarebbe solo un altro atto dovuto verso l’ala dura che quell’incontro non avrebbe voluto ci fosse, e ora accusa il colpo. Con Briguglio che preferisce parlare di voto anticipato, e punta già su un "polo della nazione" insieme all’Udc. Ma le cose sembrano andare in tutt’altra direzione. Si lavora a uno scenario che possa evitare spargimenti di sangue, che all’indomani ognuno possa raccontare come una sua vittoria. Una fiducia, insomma, ma al di sotto della fatidica quota di autosufficienza di 316, complice qualche astensione o qualche malattia, e la sceneggiatura sembra già agevolata da comparse che assurgono al ruolo di protagonisti, come sempre in questi casi. Che si chiamino Turigliatto (che il voto lo fece mancare) o Scilipoti (che il voto di fiducia lo potrebbe dare, o quantomeno astenersi). Per non banalizzare, poi, sulle gravidanze delle finiane Bongiorno e Cosenza, che potrebbero far mancare i loro voti senza che si debba parlare di defezioni dentro Fli.Ma le incognite in campo restano almeno due. Una è costituita dall’Udc, che resta contraria a votare un Berlusconi-bis, come ha ricordato nuovamente Casini a Fini, ieri: «Sarà difficile spiegarlo ai nostri elettori. Noi non trattiamo, per ora pensiamo a far mancare la fiducia a Berlusconi», ha detto in modo risoluto, ma senza rompere, il leader dell’Udc a un Fini molto preoccupato a non far saltare l’asse con i centristi e con Rutelli. Ma è preoccupato non meno, Fini, per i suoi, molti ancora recalcitranti. Stamattina li riunirà per valutare l’offerta del Pdl. Poi il presidente della Camera avrà un vertice, forse decisivo, con Letta per dire sì o no a un allargamento subito dopo il voto, concordando sin da ora un abbassamento dei toni e un esito non cruento il 14. Poi Berlusconi, stasera dovrebbe riunire lo stato maggiore del Pdl per trarre le conclusioni.Ci crede, ora, il leader dei moderati Silvano Moffa: «Non è necessario che Berlusconi si dimetta per siglare un nuovo patto di legislatura», dice. Si unisce all’auspicio l’ala ex governativa di Fli, con l’ex viceministro Adolfo Urso e l’ex ministro Andrea Ronchi. «Bene Moffa», dicono in coro gli ex An Matteoli, Gasparri e Augello. Ma la partita decisiva si gioca oggi.