Il giurista Miccinesi. «Fisco amico della famiglia? È un obbligo costituzionale»
Un sistema fiscale a misura di famiglia. È il sogno che accompagna da almeno trent’anni l’associazionismo familiare. Una lunga e complessa battaglia che finora si è rivelata senza esiti apprezzabili. Eppure gli esempi provenienti dall’Europa – soprattutto Francia, ma non solo – dimostrano che dove il fisco sostiene e accompagna lo sforzo delle famiglie, tutto il sistema Paese conosce nuovo benessere e slanci di futuro grazie alla crescita della natalità. Studi specialistici, di diverse aree culturali a livello internazionale dimostrano che la ricetta per un fisco family friendly è applicabile ovunque e che, dopo un iniziale calo degli introiti per lo Stato, il gettito riprende a salire con effetti che si ripercuotono positivamente su consumi, sui posti di lavoro, sulla crescita economica. Certo, servono stabilità e volontà politica. Due condizioni, strettamente collegate, che in Italia non si sono mai verificate. Le proposte sui temi fiscali sono stati al centro del lavoro preparatorio per la Conferenza nazionale sulla famiglia che si apre stamattina a Roma. «Chi si occupa del fisco dal punto di vista delle regole di diritto che disciplinano la tassazione sa che la valutazione delle scelte del legislatore deve avvenire non sul piano della loro opportunità ed efficienza economica, ma su quello della liceità: ossia sul piano del rispetto effettivo dei limiti che la Costituzione pone al legislatore», osserva Marco Miccinesi, ordinario presso il dipartimento di Scienze giuridiche alla Cattolica di Milano, che stamattina interviene a Roma.
Significa che pensare a un sistema fiscale a misura di famiglia rientrerebbe anche nei doveri indicati dalla Costituzione?
Certo, i valori costituzionali operano come limiti in punto di individuazione e di determinazione delle forze economiche da tassare. Così è per la famiglia fondata sul matrimonio, che la nostra Costituzione all’articolo 29 consacra in termini di preminenza, quale forma di unione, su tutte le altre forme di unione. La Costituzione 'riconosce' la famiglia fondata sul matrimonio come società naturale portatrice di diritti, il che significa che la famiglia é valore in sé, nel tessuto storico e sociale che costituisce carne ed ossa di un popolo eretto a nazione.
Quindi anche la tassazione dovrebbe adeguarsi a queste premesse?
La famiglia fondata sul matrimonio, prima ancora che giustificare sostegno e agevolazioni fiscali, impone che la tassazione non ne pregiudichi la formazione e l’esistenza, attraverso forme di prelievo incapaci di proiettare la valutazione della capacità contributiva dei suoi membri sulla struttura della famiglia. Basta pensare al tema delle famiglie monoreddito per capire che non si tratta di agevolare, ma piuttosto di non ostacolare la famiglia con assetti fiscali incongrui con la sua presenza e funzione sociale. La stabilità di unione e la massima condivisione di intenti che il matrimonio suggella sono alla base delle scelte dei coniugi sul lavoro e sulla produzione del reddito che la progressività dell’imposta, nel caso di famiglia monoreddito, frustra, violando il principio costituzionale.
Quindi uno Stato che non provvede a un sistema fiscale giusto contraddice se stesso minando alla base la stabilità familiare?
La solidità morale del matrimonio fonda scelte di accoglienza nel nucleo familiare di anziani e bisognosi, e il mancato riconoscimento fiscale dei relativi oneri ai fini della tassazione urta contro la tutela della famiglia. La previsione di una duratura convivenza legata al matrimonio incoraggia scelte di investimento per lo sviluppo della famiglia, dalla casa alla istruzione dei figli, che il regime di tassazione penalizza non apprestando proporzionate misure di valutazione del loro impatto economico sulla residua forza finanziaria disponibile per la contribuzione. Dunque, il legislatore odierno non è solo censurabile politicamente per la mancanza di adeguate misure di sostegno alla famiglia. È censurabile per la violazione del principio costituzionale.
Finora questo principio è però stato ignorato a tutti i livelli istituzionali...
Sì, dispiace che in passato la Corte costituzionale si sia limitata a disfarsi del cumulo dei redditi familiari, ignobile retaggio di concezioni arcaiche di famiglie sottomesse al potere di un solo coniuge, fermandosi a generici auspici di riforma che in ragione delle esigenze di gettito ancora oggi lasciano la cellula fondamentale della nostra società vulnerata da un prelievo indiscriminato e non proporzionato.
Quale spinta potrà arrivare dalla Conferenza di oggi per cambiare rotta?
Augurarsi che, insieme ad un regime non contrastante con il valore costituzionale, intervengano misure atte a promuovere la formazione della famiglia può sembrare utopico, ma è invece uno stimolo e un dovere. Il giurista deve indicare, con decisione, che la Costituzione impone nuove regole, senza le quali il riconoscimento assoluto della famiglia, operato dall’articolo 29 , è leso; la stessa Costituzione orienta poi verso adeguate misure di sostegno, i cui riflessi in termini sociali ed economici potrebbero essere superiori al costo in termini di gettito, poiché assicurerebbero la nascita di unioni contrassegnate da caratteristiche di stabilità e solidità capaci di sostenere modelli di comportamento socialmente virtuosi per la spesa pubblica: basti per tutti l’esempio della cura degli anziani.
Sarà un obiettivo davvero realizzabile?
Sì, è davvero il momento di cambiare rotta, e momenti quali quello rappresentato dalla terza Conferenza nazionale sulla Famiglia rappresentano l’occasione più propizia.