Il governo si assicura i voti in Parlamento ma non riesce a evitare una tensione senza precedenti. Così nel giorno in cui si vota il Milleproroghe, alla Camera si consuma uno scontro che coinvolge in una serie di episodi a catena il gruppo di Responsabili e il presidente della Camera, lo stesso Gianfranco Fini con Antonio Di Pietro, i rappresentanti dell’esecutivo e il leader dell’Idv e soprattutto il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto e il numero uno di Montecitorio. Ed è proprio il leader di Fli l’obiettivo principale di una giornata segnata dalle tensioni e dalle polemiche tra le forze di maggioranza e opposizione.A dare fuoco alle ceneri è la dichiarazione di voto di Giorgio La Malfa, che prende la parola mentre i banchi del governo restano deserti: «Questo è il quadro di un Paese all’abbandono – dice il politico di lungo corso – : manca il governo in Parlamento». Il presidente della Camera si rende conto che nei banchi davanti a lui non c’è più nessuno. «La seduta non può riprendere finché il governo non è seduto e – dice rivolto al sottosegretario Ravetto – la prego di riferire al ministro per i Rapporti con il Parlamento che questa è una situazione senza precedenti».Ma quando Antonio Di Pietro prende la parola, anche l’unico rappresentante del governo esce dall’Aula. Così Fini si sente costretto a interrompere i lavori, in attesa che qualcuno torni. Poi però è lo stesso Fini a stigmatizzare il leader idv per le parole esageratamente forti che l’ex pm rivolge al premier, paragonandolo a Gheddafi. «Seppure in modo irrituale, me ne rendo conto, mi permetta di farle osservare che non può essere consentito in quest’aula paragonare un governo democraticamente eletto ad una feroce e spietata dittatura quale quella del colonnello Gheddafi».Ma se Fini ne ha per tutti, tutti nella maggioranza ne hanno per lui. Luciano Sardelli, di Iniziativa responsabile, racconta di «aggressioni verbali» nei confronti dei parlamentari che hanno formato il gruppo di sostegno all’esecutivo e chiede a Fini una uguale tutela per tutti. Quindi Sardelli attacca Bucchino, il democratico che il giorno prima aveva denunciato un tentativo di compravendita nei propri confronti da parte del pdl, ma nell’enfasi si dilunga oltre ai tempi assegnati e il presidente della Camera gli toglie la parola per darla a Bucchino, in quanto ha ricevuto in aula «accuse personali» e dunque autorizzato a difendersi. Sardelli non lo manda giù: «Sono preoccupato per il ruolo che lei riveste e che non tutela tutti i parlamentari in quest’aula». Ed è questa l’accusa pesante che viene confermata al termine della seduta da Fabrizio Cicchitto. Ancora tensione e ancora un problema di tempi, che il capogruppo del Pdl sfora. Al termine del suo intervento, Cicchitto annuncia un ultimo punto, ma viene prontamente interrotto da Fini, che gli dice: «siccome immagino di che cosa si tratti, le concedo trenta secondi». Qui il capogruppo del pdl si infervora: «E allora, presidente, userò questi trenta secondi per dichiarare che lei si trova in una situazione di contrasto, di conflitto tra il suo ruolo alla presidenza della Camera e quello di leader politico, una situazione istituzionalmente insostenibile». Fini non si scompone e replica: «Concordo con lei, siamo in una situazione istituzionalmente insostenibile». La causa, confida più tardi ai suoi il leader di Fli, è «Silvio Berlusconi».Lo scontro è ormai sopra i limiti. Il premier, a pochi metri dall’Aula, parla con le donne pdl. «Nessuno può governare meglio di me», dice. Poi tra qualche battuta, si sfoga contro la Consulta, composta per la maggioranza da esponenti di sinistra, che boccia tutte le leggi del governo. Parole però smentite dal portavoce Paolo Bonaiuti.