Fine vita. Un suicidio assistito anche per la politica
La conferenza dei capigruppo prende atto della mancanza di un’intesa e rinvia la decisione alla Corte costituzionale. Scaricabarile tra i partiti, associazioni in allarme
Il calendario di settembre della Camera non prevede lavori sulla proposta di legge riguardante il fine vita e il suicidio assistito. È l’esito della conferenza dei capigruppo di Montecitorio, riunitasi ieri per stabilire l’ordine dei lavori della ripresa di settembre. Il presidente Roberto Fico ha preso atto della mancanza di un’intesa su un testo-base nel comitato ristretto delle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera. Montecitorio, quindi, alza bandiera bianca. Nonostante propositi, annunci e dichiarazioni roboanti sulla «centralità» del Parlamento, la Camera deve arrendersi di fronte alle evidenti divisioni tra M5s e Lega, e di fronte anche alla loro indisponibilità ad accettare in Aula un dibattito che avrebbe potuto far emergere convergenze parallele. Alla fine è un tutti contro tutti.
I pentastellati dicono di «averci provato» ma di aver incontrato l’indifferenza di chi «non vuole rompere dei tabù», che poi sarebbero gli alleati del Carroccio. Fratelli d’Italia accusa i partiti di maggioranza di aver «impedito la discussione», il Pd si «rammarica» per l’occa- sione persa, Forza Italia si scaglia contro la Lega di Salvini rimasta molto 'coperta' sull’intera vicenda «nonostante sbandieri simboli religiosi». Mentre Sinistra italiana attacca il M5s per essere stata «troppo timido ». Un gioco che non riesce a nascondere la verità, ovvero che in estrema sintesi fa comodo un po’ a tutte le parti politiche lasciare la palla alla Corte costituzionale, che come annunciato si esprimerà per sentenza il 24 settembre. Eppure un accordo minimo sembrava possibile, nelle ultime settimane, intorno a un testo-base - ispirato a quello del leghista Pagano - che attenuasse le pene per alcune fattispecie dell’articolo 580 del Codice penale, che interviene su chi favorisce il suicidio di un’altra persona. La sentenza della Consulta, ovviamente, al momento è un rebus per tutti. E il suo valore definitivo - mentre una legge è sempre modificabile - spaventa chi teme una 'deriva eutanasica'.
Non una bella pagina di storia parlamentare, in ogni caso. A meno che i senatori non riescano a inventarsi un blitz a settembre. La partita, infatti, sinora è stata gestita da Montecitorio, dove la maggioranza ha numeri più solidi e dove le varie proposte di legge erano incardinate. Palazzo Madama vive una condizione numerica più fragile.
Tuttavia un piccolo spiraglio c’è ancora, e consiste nel dedicare a settembre una seduta ad hoc alla presentazione di mozioni dei singoli gruppi, sul modello di quella che ci sarà tra pochi giorni per mettere a confronto le diverse posizioni sulla Tav. A chiedere incisivamente di tenere aperta questa strada è Paola Binetti dell’Udc, prima firmataria di un testo che ha coinvolto anche senatori di Fi. Una seduta dedicata alle mozioni potrebbe quantomeno essere utile a tenere una discussione pubblica in grado di restituire tutti gli umori e le sensibilità del Parlamento. Un modo, sebbene tenue, di far presente ai giudici della Corte quali siano e quale peso abbiano le posizioni dei partiti sul tema. Ma se l’estremo tentativo dei senatori andrà a vuoto, non resterà che aspettare l’udienza della Consulta del 24 settembre. Il folto gruppo di associazioni cattoliche che nelle ultime settimane ha atteso un sussulto del Parlamento ora immagina iniziative che parlino direttamente all’opinione pubblica.