Biotestamento. Fine vita, dopo ok alla legge tanti dubbi e punti oscuri
Arriva una nuova dichiarazione di avvalersi dell’obiezione di coscienza da parte del personale ospedaliero di una struttura cattolica riguardo alle 'Disposizioni anticipate di trattamento' approvate giovedì in via definitiva dal Parlamento. Legge che anche i notai cattolici bocciano, definendola «pasticciata».
A dire di «no» è il Cottolengo, struttura fondata nell’Ottocento dal santo sociale torinese Giuseppe Benedetto Cottolengo e diventata con il tempo sinonimo di aiuto ai malati nelle condizioni più gravi. «Attualmente l’obiezione di coscienza non è prevista per le istituzioni sanitarie private, però io penso che in coscienza non possiamo rispondere positivamente a una richiesta di morte: quindi ci asterremmo con tutte le conseguenze del caso», dichiara il superiore generale don Carmine Arice.
Il religioso - da settembre alla guida dell’opera - fa un parallelo con la campagna condotta dal radicale Marco Cappato. Questi è sotto processo con l’accusa di aver aiutato dj Fabo ad ottenere il suicidio assistito in Svizzera. E si è autodenunciato, portando avanti una battaglia politica in nome della disobbedienza civile. Ebbene, dice don Arice, sotto processo «possiamo andarci anche noi, che in un possibile conflitto tra la legge e il Vangelo siamo tenuti a scegliere il Vangelo». Punta poi il dito contro le Dat, perché si basano su «un’autodeterminazione che mortifica il rapporto medico-paziente e la professione stessa del medico». Inoltre, conclude, la legge non va bene, perché «cristallizza una volontà espressa in tempi diversi dalla situazione che si sta vivendo in quel momento e soprattutto spinge a una visione della vita che non è accettabile, per la quale solo chi è vincente merita di sopravvivere».
Sul tema della garanzia dell’obiezione di coscienza e sul fatto che le Dat presentate agli ospedali cattolici «non verranno eseguite» sono interventi nei giorni scorsi il direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della Salute, don Massimo Angelelli (incarico ricoperto in precedenza, tra l’altro, proprio da don Arice) e padre Virginio Bebber, presidente dell’Aris, l’associazione degli ospedali gestiti da religiosi, che invocava a supporto un preciso articolo del Concordato.
Il concetto era stato ribadito con forza anche da un documento congiunto pubblicato dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore insieme alla Fondazione Policlinico Gemelli, nel quale si sottolineava come il rapporto medico-paziente sia centrale e insostituibile. Il pericolo, hanno sottolineato diverse sigle laicali cattoliche è di abbandonare i malati, ai quali invece occorre prestare cure anche nella situazioni più gravi. Un altro fronte aperto dall’approvazione delle Dat è quello dei registri in cui conservare, per poi eventualmente far valere, le 'disposizioni'. Non sono passate neanche 24 ore dal «sì» alla normativa e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei notai si dice «pronto a mettere a disposizione un registro elettronico nazionale delle Dat ricevute dai notai».
Un’altra opzione è quella di registrare queste volontà nei Comuni dove sia stato istituito l’apposito registro. I notai hanno anche predisposto una piattaforma tecnologica per dare pubblicità legale alle designazioni degli amministratori di sostegno, che sarà operativa dal 2018. Al database potranno accedere i notai e altri soggetti qualificati, come le Asl. Sulla nuova normativa esprimono, invece, «perplessità» i notai cattolici, per i quali «bisognava avviare un dibattito più ampio e approfondito per arrivare a una normativa meno pasticciata e più attenta ai diritti soprattutto nei soggetti più indifesi».
Sul fronte politico non mancano parlamentari che non si danno per vinti. Il deputato leghista Alessandro Pagano promette che, se il centrodestra andrà al governo, sarà cambiata «questa legge infame che ha fatto precipitare l’Italia nella barbarie giuridica e medica». Il senatore Maurizio Sacconi (Energie per l’Italia) parla di legge dal «contenuto ideologico» e sprona a continuare nella «battaglia culturale per offrire alla solitudine nel dolore l’alternativa dell’alleanza terapeutica con il medico e l’assistenza delle reti solidali».