Dat. Fine vita di corsa, saltando le obiezioni
Pare seguire un copione già scritto il percorso alla Camera del disegno di legge sulle «Disposizioni anticipate di trattamento», che avanza inesorabile verso l’approvazione – secondo alcuni, anche prima di Pasqua – superando la ferma opposizione di una pattuglia di deputati che tentano di far comprendere l’assoluta (e tuttora irrisolta) problematicità di svariati passaggi. La giornata di ieri è la sintesi della situazione che si è creata. In aula, nel pomeriggio, riprende la discussione avviata la scorsa settimana. Iscritti a parlare in 29, a ciascuno sono concessi 20 minuti, per un totale ipotetico di quasi dieci ore. La materia è un chiaro caso nel quale il Parlamento è chiamato a dare il meglio di sé, garantendo un confronto ampio e aperto. Invece dopo tre ore e mezza lo stop: il dibattito viene rimandato a martedì prossimo, con l’effetto (cercato) di far scattare a norma di regolamento la tagliola sui tempi degli interventi, come previsto quando un provvedimento supera il termine del mese nel quale è pervenuto all’esame dell’aula.
Nel frattempo, il comitato ristretto della Commissione Affari sociali – la stessa che aveva licenziato tra molte polemiche il discusso ddl – lavora a ridurre drasticamente i 628 emendamenti al testo, metà dei quali sui 10 commi del primo articolo («Consenso informato»): nella sola seduta di ieri ha esaminato le proposte di modifica sino al comma 3, concedendo pareri positivi col contagocce (in aula ne potrebbe passare una a firma Marazziti, Gigli, Binetti e Calabrò che introduce il coinvolgimento di figure specialistiche per verificare la libera volontà del paziente). Ma le sforbiciate alle ipotesi di modifica e ai tempi di discussione a nulla servirebbero senza una maggioranza parlamentare con numeri affidabili: con l’alleato di governo Alternativa Popolare all’opposizione sulla legge, il Pd tende allora la mano a M5S malgrado le aperture di Grillo al suicidio assistito, che pure si è dichiarato di aborrire. Un’apertura politica emersa durante un confronto che – a conferma della necessità di tempi adeguati – è stato per unanime riconoscimento «di alto profilo». Il 'rinvio con taglio' fa parlare a Rocco Buttiglione (Udc) di «disprezzo dell’istituzione parlamentare» con un «accordo» che «priva i deputati che vogliono difendere le ragioni della vita della possibilità di esporre le proprie ragioni e di tentare di convincere i loro colleghi».
Per Raffaele Calabrò (Ap) – relatore di minoranza – le «prove di dialogo da parte di un gruppo trasversale di partiti moderati» si stanno «scontrando con quanti si sono arroccati su posizioni radicali che non consentono di comprendere bene gli effetti collaterali del testo se non subirà miglioramenti ». A Pierluigi Bersani (Mdp) le norme del ddl «vanno bene, tenteremo di migliorarle, non potremo accettare deragliamenti dagli assi fondamentali di questa legge», mentre Maurizio Lupi (capogruppo Ap) chiede «lo sforzo di accogliere anche le sensibilità e le richieste » di chi vuole evitare «ogni tentativo di trasformare questa legge in una bandiera ideologica». E mentre Eugenia Roccella (Idea) invita a chiedersi «se davvero gli italiani ritengono il diritto di morire un’urgenza o se non sarebbe meglio fornire risposte adeguate alle richieste di cura dei malati», Gian Luigi Gigli (Demos) contesta tenacemente «la pretesa di un diritto assoluto di autodeterminazione» e il «dovere per le istituzioni sanitarie di collaborare ad affrettare la morte di chi non sta morendo per la sua malattia ». La Lega giudica la legge «inemendabile », e Paola Binetti (Ap) insiste sulla necessità di «mettere in sicurezza il testo, evitando scivoloni che lo consegnerebbero a un’evidente deriva eutanasica».