Attualità

Il caso. Figli di genitori vedovi, il Fisco se ne infischia

Umberto Folena giovedì 7 agosto 2014
Non importa la vostra età. Non importa se avete più o meno di 18 anni. Potete essere studenti universitari o bimbetti della scuola dell’infanzia. Se uno dei vostri genitori purtroppo muore, e vi spetta una quota della sua pensione di reversibilità, auguratevi di non superare i 2.840,51 euro all’anno. Altrimenti vi capiteranno tra capo e collo una gragnola di disgrazie. A voi e al genitore rimasto.Meraviglie del fisco italico, che sembra voler strapazzare le famiglie, spremendole oltre ogni logica, accanendosi in particolare con vedove e orfani. La cosa non è nuova, ma la denuncia di Monica Ventimiglia – l’ostetrica milanese vedova con sei figli, di cui uno adottato e un altro, il maggiore, morto in un incidente – l’ha fatta emergere in tutta la sua assurdità. Un caso eccezionale il suo? Per le dimensioni della sua famiglia, sì. Ma quello che è capitato a lei può accadere, in misura e forme diverse, alle cinque milioni di famiglie a cui è venuto a mancare un genitore.La questione è semplice, e la spiega Renzo Radicioni dell’Ordine dei commercialisti milanesi: «Quando uno dei coniugi muore, la pensione di reversibilità va anche ai figli. Se la loro quota non supera i 2.840,51 euro all’anno non succede niente. Ma se la supera anche di un solo centesimo...». Ecco, in quel momento il figlio, a prescindere dalla sua età, per il fisco non è più un familiare a carico. L’idea che con 2.840 euro all’anno si possa essere economicamente indipendenti è ridicola, ma non per l’articolo 12 del Testo unico delle imposte sui redditi.Se ciò accade, è una piccola catastrofe. L’unico genitore rimasto non solo si ritrova vedovo, impoverito negli affetti e pure nel portafoglio, ma scopre di non poter percepire assegni familiari, né di poter portare in detrazione spese mediche, sportive ed eventuali tasse universitarie del figlio. Eccetera. Tutto per una norma che risale al governo Craxi. Allora la soglia era di quasi 6 milioni di lire, che alla metà degli anni Ottanta voleva dire percepire uno piccolo stipendio, magro ma interessante. Quella cifra è stata convertita in euro e mai aggiornata. Per capirci, 500mila lire del 1986 non sono paragonabili ai poco più di 200 euro del 2014.Il risultato? I figli, se svolgono qualche piccolo lavoro, a questo punto sono incoraggiati a farsi retribuire in nero. E se hanno deciso di mettersi a disposizione della comunità svolgendo il servizio civile, faranno bene a pensarci due volte, perché superando la fatidica soglia il danno economico provocato alla famiglia potrebbe essere addirittura superiore alla loro pur magrissima retribuzione mensile (poco più di 400 euro). Perché improvvisamente non sono più familiari a carico.Il problema? Le norme non tengono alcun conto del fatto che la pensione di reversibilità, già decurtata del 20 per cento, fa cumulo con il reddito del coniuge rimasto e viene quindi tassata due volte. E ignorano del tutto la composizione del nucleo familiare. Che i figli siano uno, due o cinque è la stessa cosa. La soluzione? Tanto per cominciare, aggiornare quella ridicola soglia dei 2.840,51 euro. «Abbiamo chiesto di portarla almeno a 6mila – è il commento amaro di Maria Sberna, che prima di approdare in parlamento era il leader dell’Associazione famiglie numerose – e sa che cosa ci hanno risposto? La solita cosa: impossibile, costerebbe troppo».Davvero indefinibile questo Stato che non riesce a trovare una manciata di milioni per vedove e orfani, i primissimi di cui dovrebbe preoccuparsi. E non per farli vivere da nababbi, ma per garantire loro un’esistenza dignitosa. Fino alla beffa capitata alla signora Ventimiglia: il figlio disabile al cento per cento, godendo del favoloso reddito di 320 euro al mese, perde il diritto all’indennità di frequenza per le scuole (270 euro al mese per 8 mesi) e la madre non può più essere esentata dal bollo auto prevista dalla regione Lombardia, perché il figlio non è più fiscalmente a suo carico. Un caso limite, che però serve a far emergere l’incongruenza e la sostanziale iniquità di norme che non solo non tutelano, ma martellano le famiglie più deboli. Quelle vedove con figli orfani.