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Elezioni siciliane. Urbani: «Fi e Lega? Distanti, non vedo prospettive»

Eugenio Fatigante martedì 7 novembre 2017

«I risultati sono quelli attesi: una debacle del centrosinistra, una buona tenuta di M5S, una rivincita e vittoria del centrodestra. Starei attento però a trasferire il tutto su scala nazionale: vedo tantissime ombre in questa vittoria, i partiti che lo compongono hanno ancora una fortissima dialettica interna. Che Dio ce la mandi buona...». I dubbi che hanno tanti colpiscono ancor di più in bocca a Giuliano Urbani, l’uomo che fece scoccare la "scintilla" di Forza Italia, di cui è stato storicamente la tessera "numero 3" (dopo Berlusconi e Martino). Oggi, a 80 anni Urbani, che ama definirsi solo «un professore di scienza politica prestato per qualche anno alla politica», pensa che Berlusconi «debba ritirarsi dall’impegno politico» e vede in Renzi «un Re Mida al contrario: ogni cosa che tocca da oro diventa ferro».

Come valuta questo voto?
Prima vorrei fare però una considerazione sull’astensionismo. Il suo aumento denota che la gente si comporta comunque in modo irresponsabile. E testimonia che viviamo in una caricatura di partecipazione democratica.

In che senso?
In campagna elettorale si è parlato di una Regione che, stando ai dati di bilancio, presenta un quadro non di allarme, ma di terrore. Non è che se non voti, la tua Regione assume un futuro migliore o non paghi più tasse... Comprendo lo scetticismo, eppure resta un tipo di reazione di cui non riesco a farmi una ragione.

Ciò detto, resta la rivincita del centrodestra.
In apparenza lo è. Con una risalita di Fi e un esito di Salvini che è in ogni caso un successo, anche se inferiore alle attese. Segno che la disaffezione è tale per cui un siciliano si affida anche a un leghista... Quella tra Fi e Lega resta un’alleanza obbligata.

Anche difficile, però, alla luce della cena di Catania?
Intende quella serata para-goliardica da cui Salvini è uscito dicendo che non avevano parlato di nessuna delle questioni importanti? Sì, i dubbi sulla capacità di dar vita poi a un’alleanza di governo ci sono tutti. Questa unità di facciata è pochissima cosa e non può dare risultati, senza un adeguato lavoro su un programma condiviso. Le ricordo, però, che io contribuii a fondare un partito che si chiamava Forza Italia, non Forza centrodestra.

Cosa intende dire?
Che qui non si tratta di ricostruire il centrodestra, o il centrosinistra, ma di ricostruire tutto. All’epoca, nel 1993, avevamo l’intento di tenere a cuore gli interessi collettivi del Paese. Fi ha avuto successo, rispetto al cicaleccio della politica evasiva di prima, perché spostava l’interesse da temi come le guerre partigiane - di cui ancora si parlava - a quelli reali della vita degli italiani. Quello spirito fu frenato, però, da alcune forze della coalizione, anche per via dello schema bipolare. Tant’è che avevo suggerito a Berlusconi di fare un nuovo appello tv agli italiani, per dire loro: datemi la forza, quindi i voti, per fare da solo quel che gli alleati non mi consentono, senza più mediazioni estenuanti.

Non sarà contento, allora, della legge elettorale di Rosato?
Infatti la ritengo un ignobile pasticcio. Persone come me si trovano oggi nella grande difficoltà di essere costrette spesso a scegliere il 'meno peggio'...

E come vede la sinistra?
In una condizione tragica. Se accreditiamo quella corrente di pensiero secondo cui la crisi della politica nel mondo occidentale sta nella perdita d’identificazione, la sinistra italiana è maestra in questo, è riuscita a creare un rapporto unico di estraneità fra sé e il Paese. C’è quell’ectoplasmatico raggruppamento fatto da pochissime persone con uno scarso radicamento sociale. Poi c’è il Pd, guidato da quel Re Mida al contrario che è Renzi. Oltre alla bravura dialettica, immaginavo in lui un’intelligenza politica che invece non vedo, come prova per ultima la vicenda Bankitalia. Il ragazzo è proprio incauto. Anche quando ha una bella idea, come il 'Partito della Nazione', non riesce poi a coagulare attorno a essa.

Senta: se rivedesse oggi Berlusconi, quale consiglio gli darebbe?
Un consiglio di un 80enne a un 81enne suonerebbe come una cosa ridicola. Abbiamo una prospettiva troppo diversa dell’orizzonte temporale. Certo non gli consiglierei di proseguire l’impegno politico. Vede, una delle questioni cruciali del prossimo governo sarà la necessità di rifare i Trattati Ue, davanti a una Germania che è troppo egemone. È un campo per cui serve una prospettiva pluriennale, che un 40enne valuta inevitabilmente in modo diverso da un 80enne.

E chi vede come leader potenziale del centrodestra?
Questa è una domanda che mi mette davvero in crisi totale.

Intanto M5S continua a mietere successi.
Il loro successo è una reazione emotiva, ma non rappresentano ancora una prospettiva di buon governo. Sono il segno che il bisogno di credere in 'qualcosa' rimane più forte rispetto alla disillusione dei loro risultati concreti. E nessuna persona sensata può pensare, a oggi, che siano fondate le possibilità che li ottengano.