Attualità

La festa di Avvenire. Galantino: la Chiesa e il mondo, no alle semplificazioni

Nunzio Galantino lunedì 26 giugno 2017

Foto Vito Salinaro

Pubblichiamo l'intervento di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, alla prima giornata della Festa di Avvenire in corso a Matera fino al 1 luglio.

0. Premessa

Aggiungendo “fra ottimismo illusorio e tentazioni di chiusura” al titolo generale della serata (“Chiesa-mondo”), ho voluto specificare l’angolo visuale dal quale cerco di pormi. Mi sembra infatti che - non da ora, ma a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II - nel dialogo/rapporto della Chiesa con il mondo stia succedendo proprio questo: una evidente polarizzazione tra chi auspica
questo rapporto con grande ottimismo e chi vi ravvisa solo pericoli di contaminazione deleteria. La parte meno nobile di questa polarizzazione la troviamo sedimentata, almeno ultimamente, negli atteggiamenti aggressivi da “cura da stadio” (con tutto il rispetto per i tifosi) che si registrano rispetto anche a papa Francesco. Sappiamo tutti che lui intrattiene rapporti telefonici e talvolta incontra uomini e donne che, nei giudizi di alcuni, sarebbero da tenere assolutamente alla larga. Andate a leggere cosa scrivono su giornali e social gli appartenenti ad alcuni gruppi di pasdaran - “guardiani della fede”!

In questo momento non mi interessa dare valutazioni su questo fenomeno. Mi limito a dire che questi atteggiamenti e atteggiamenti speculari a questi sono il frutto dell’irrisolto tema del rapporto Chiesa-mondo. E irrisolto rimarrà, questo rapporto, finché non si avrà la pazienza di riflettere un po’ su un tema articolato e che presenta la sua complessità!

Purtroppo vi sono persone e movimenti che rispondono alla complessità con la semplificazione e che, da questa, passano con facilità al giudizio, dal giudizio alla condanna, dalla condanna alla volgarità esibita per difendere le proprie posizioni. All’origine di tutto vi è, comunque e tra l’altro, mancanza di conoscenza.

Ripeto. Quello che oggi finisce sul web non è nuovo. È solo la enfatizzazione del clima che, in maniera diversa, si è cominciato a respirare già a ridosso del Concilio Vaticano II. Un clima segnato da due atteggiamenti difficilmente conciliabili: da una parte, l’ottimismo – per certi versi “illusorio” - e, dall’altra, gli atteggiamenti di chiusura, divenuti talvolta vere e proprie …fughe all’indietro, scelte di rifiuto assoluto di dialogo della Chiesa col mondo.

In verità, questi due atteggiamenti hanno riguardato l’approccio a tutto il Concilio. Lo ha ricordato con grande lucidità Papa Benedetto XVI, il 22 Dicembre 2005, nel Discorso alla Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi.

In fin dei conti, l’ottimismo acritico e gli atteggiamenti di chiusura hanno raggiunto un solo risultato: hanno allontanato la possibilità di giungere al cuore del messaggio conciliare, finendo talvolta per falsarne le intenzioni di fondo. E, ancora più immediatamente, estremizzando posizioni basate solo, come dicevo, su una ridotta conoscenza di cose e persone.

L’evidente impasse, che si è creata tra le “due opposte ermeneutiche”, come le ha chiamate papa Benedetto, e, di conseguenza, il contrasto tra i diversi atteggiamenti assunti nella pratica, non si superano polarizzando le une e gli altri. É necessaria invece, come ha affermato lo stesso Papa Benedetto, una «nuova riflessione […] e una comprensione consapevole della verità espressa»
dal Concilio e dallo stesso Vangelo di Gesù.

L’auspicata «comprensione consapevole» si basa su due indispensabili premesse. La prima riguarda i significati del termine “mondo”; e la seconda è una lettura, seppure veloce del rapporto Chiesa-mondo, come si è sviluppato lungo la storia.

1. «Mondo»: un termine polisemantico per le scienze umane e per la tradizione cristiana

“Dialogo con il mondo”. Ma di quale “mondo” stiamo parlando, dal momento che non v’è alcun dubbio sulla polisemanticità del termine “mondo”; una polisemanticità registrata sia dalle cosiddette scienze umane sia dalla tradizione cristiana e della quale lo stesso Concilio ha tenuto conto sin dalle prime battute della Gaudium et spes (2b)?

A) Scienze umane

In senso cosmologico, per “mondo” si intende il quadro naturale all’interno del quale si sviluppa l’esistenza umana; distinto dall’uomo e tale da porsi di fronte a lui come oggetto di ammirazione, di utilizzazione o di violenza

Dal punto di vista storico, il “mondo” è il teatro globale dell’attività umana, con le sue persone, i suoi avvenimenti e le sue situazioni. In questo senso, la storia del mondo coincide con la storia dell’umanità

In ambito sociologico, il “mondo” è un particolare e significativo insieme di fatti ed espressioni appartenenti ad un dato momento della storia e della società; si parla, in questo senso, di “mondo medioevale”, “mondo moderno” ecc.

Dal punto di vista antropologico, per “mondo” si intende l’universo globale dei valori umani riconosciuti come costitutivi del progetto e della identità dell’uomo.

B. Nella tradizione cristiana, il «mondo» è presente come

creazione di Dio, cioè come totalità del reale e come manifestazione della potenza e della generosità creatrice di Dio; nel mondo così inteso l’uomo occupa un posto privilegiato (Rm 8,20-30); e con l’uomo anche il “mondo” è chiamato da Dio alla salvezza e a un destino assoluto (Gv 3,16-17).

l’insieme delle forze anti-Regno; è quello che l’evangelista Giovanni chiama mondo dell’iniquità: è il mondo che rifiuta la
redenzione (Gv 14,17.17,9;1Gv 2,15-17)

“Mondo”, per Giovanni, è anche una fase storica del progetto di Dio, è il tempo provvisorio della prova: “Vi dico queste cose mentre sono ancora presente in questo mondo” ( Gv 17,13).

E, per ultimo, ricordiamo il modo in cui del “mondo” ha parlato Paolo VI a Betlemme, il 6 gennaio 1964, affermando: «Per mondo noi intendiamo designare tutti coloro che guardano al cristianesimo, come dal di fuori, sia che lo siano effettivamente sia che si sentano stranieri nei suoi confronti». “Mondo”, quindi, in riferimento a tutto ciò che nella storia umana sussiste globalmente in una situazione di esteriorità in rapporto alla Chiesa visibile. Esteriorità che non è necessariamente ostilità o rifiuto, ma che si sente impegnato a realizzare un progetto umano che non coincide o non coincide ancora con quello di cui la Chiesa è espressione

Tra le accezioni qui ricordate, quella che più spesso si incontra nella Gaudium et spes è la concezione antropologica di “mondo”, che abbiamo ritrovato presente tra i significati presenti nelle scienze umane. E’ questo d’altra parte il senso che gli dà la Costituzione conciliare al n. 2, quando afferma : «Il mondo che il Concilio ha presente è quello degli uomini, ossia l’intera famiglia
umana […che] reca i segni degli sforzi suoi, delle sue sconfitte e delle sue vittorie».

2. La storia del rapporto Chiesa-mondo.

Per cogliere fino in fondo il messaggio della Gs sul tema specifico del rapporto Chiesa-mondo non basta però una corretta impostazione terminologica; é necessario ripercorrere, anche se solo per cenni, la storia dei rapporti tra la Chiesa ed il mondo, sia a livello di teorizzazioni esplicite sia in riferimento al modo in cui concretamente questi rapporti sono stati vissuti.

Ripercorrerli aiuta a scoprire quanto di positivo c’è stato e va salvato nella coscienza e nello stile cristiano, ma anche le rotture e le novità che lo spirito del Concilio ha introdotto per una fedeltà più integrale al Vangelo .

Nell’antichità, il problema del rapporto Chiesa–mondo si pone evidentemente solo in termini analogici: non c’è una Chiesa ma c’è un mondo religioso ed un mondo politico. Sono due mondi che vivono un rapporto di compenetrazione. “Questa
compenetrazione è per l’uomo antico un modello ovvio del pensare e del sentire, in quanto egli vive in un mondo nel quale gli dèi e lo stato si appartengono vicendevolmente in maniera costitutiva e nel quale è impossibile che esista uno stato senza dio e una divinità senza stato” . In altri termini, nell’antichità è pacifica la identificazione del fatto politico con quello religioso, derivante a sua volta, da una concezione immanentistica del religioso col politico

I primi secoli cristiani presentano elementi per verificare la natura del rapporto Chiesa-mondo in maniera diretta e non solo in un modo analogico. Con la sua concezione trascendente di Dio, il cristianesimo mette in crisi la identificazione tra il politico ed il
religioso, arrivando ad assumere atteggiamenti che sanno di sfida aperta, ad esempio, attraverso il rifiuto di prestare all’imperatore quegli onori che sono invece dovuti a Dio solo.

Ben presto si stabiliscono – ricordiamo l’opera di Giustino - contatti positivi con la cultura filosofica.; anche se la prospettiva e l’atteggiamento nei confronti del mondo rimangono comunque di tipo apologetico , nel senso che la Chiesa si riconosce inserita nel mondo e l’ama pure, il mondo però rimane provvisorio, caduco e sostanzialmente cattivo. Esso esiste solo per essere salvato dal Vangelo di Cristo. Per quanto riguarda il rapporto Chiesa-mondo, la Chiesa non vede la possibilità di riconoscere al mondo un valore ed una consistenza propri, premesse indispensabili per un rapporto di tipo dialogico.

* Su queste basi nasce il periodo meglio conosciuto come «tempo della cristianità». E’ il periodo in cui la Chiesa assorbe così bene il mondo da non farlo esistere più che come “mondo cristiano”. È il periodo in cui la Chiesa suscita ed orienta la cultura, l’arte, la riflessione, la politica, i divertimenti. La Chiesa prende il monopolio dell’umano, tanto che niente di umano ha diritto all’esistenza, se non in quanto lo riceve dalle istituzioni cristiane o ecclesiastiche. E’ il periodo in cui il cristianesimo rischia terribilmente di
divenire una «ideologia» - fino a pretendere di doversi pronunciare su tutto - limitando il libero svolgimento dell’esistenza umana nella sua dimensione profana, per sacralizzarlo con riti, istituzioni e interdetti.

I buoni risultati raggiunti, in questo periodo, non possono far dimenticare il prezzo pagato in termini di confusione di metodi, talvolta, addirittura sospetti. Non mancano comunque in questo periodo tentativi seri,
anche se limitati, di incontri col mondo, basta ricordare San Tommaso D’Aquino

* Frutto di evidenti disagi (siamo alla fine del XV secolo) sorti in questo periodo, il mondo moderno rivendica la sua autonomia nei confronti del mondo della «cristianità». A quest’ultimo vengono mossi due rimproveri: l’insufficiente rispetto per l’uomo e per il progetto umanistico ed una scarsa coerenza, malgrado le apparenze, col messaggio evangelico. Ma quello che più conta è che, grazie alle nuove scoperte, si va costituendo progressivamente un nuovo universo di valori. Le nuove idee che guidano questa sorta di riscatto del mondo dalla Chiesa si cristallizzano in altrettanti valori che si fanno strada nella coscienza del mondo moderno: si pensa sempre di più in termini di libertà, progresso, evoluzione, critica, ragione, indipendenza, laicità, libero pensiero, coscienza, fraternità ecc….

Con il crescere del consenso intorno a questo nuovo universo di valori, si fa anche strada un drammatico malinteso: mentre il mondo si presenta come fautore di questi valori, la Chiesa appare sempre più impegnata a metter in rilievo i limiti di queste prospettive, quando non si trova addirittura a denunziarne la negativa pericolosità.

Il malinteso cominciato agli inizi del mondo moderno dura così da più di tre secoli ormai; e c’è da dire che non ne siamo ancora totalmente liberi. Da quello stesso malinteso nacque uno strano comportamento, che può essere così descritto: a misura che il mondo moderno acquistava sicurezza, la Chiesa si aggrappava alla difesa del mondo di ieri e lo faceva difendendo i cristiani contro le nuove correnti e condannando le idee moderne. Se in alcuni casi, questo voleva realmente dire difesa della Rivelazione, in altri casi risultava più difficile cogliere il senso di certe preoccupazioni. L’opposizione si sviluppò soprattutto nei confronti del razionalismo scientifico e filosofico, delle idee nate con la Rivoluzione francese, del socialismo, della democrazia e delle libertà sociali. Col risultato che più ci si opponeva, più la modernità conquistava il mondo e si affermava al di fuori di ogni legame con la Chiesa.

Sintomatico di questo malinteso e dei risultati negativi cui esso condusse è, per quanto riguarda la Chiesa, l’ultima proposizione del Sillabo (1864), nella quale si condannano i cattolici i quali sostengono che: «il romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a patti con il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna». C’è da notare comunque che contemporaneamente, nella Chiesa, esistono voci meno negative, anzi orientate nella giusta direzione. Dopo la pubblicazione del Sillabo e dell’enciclica Quanta cura, l’arcivescovo di Parigi, mons. Darboy, scrive a Pio IX: «Voi avete segnalato e condannato i principali errori della nostra epoca. Volgete ora gli occhi a ciò che in essa può esservi di onorevole e buono, e sostenetela nei suoi sforzi generosi… sta a voi riconciliare la ragione con la fede, la libertà con l’autorità» .

In estrema sintesi, si può dire che in questo periodo, a una Chiesa che si dà da fare per svalorizzare il mondo e frenarne il movimento, risponde un mondo impegnato a svalutare e a delegittimare la Chiesa, soprattutto sul piano culturale.

Nunzio Galantino

Segretario generale della CEI

Vescovo emerito di Cassano all’Jonio