«I siti che vendono farmaci online sono tradotti sempre più spesso in italiano: segno che anche nel nostro Paese la domanda sta aumentando». L’allarme arriva dagli "007" di
eCrime, il centro di ricerca dell’Università di Trento che da alcuni mesi (assieme a Interpol e Aifa) ha avviato
Fake Care, un progetto di monitoraggio, finalizzato al contrasto dell’enorme traffico di medicine contraffate che corre sul web.«In Italia la vendita in rete è di fatto vietata, ma il 41% delle persone non lo sa – spiega Gabriele Baratto, uno dei ricercatori di eCrime –. Così, capita di finire su un sito e comprare i prodotti, senza sapere che si tratta di una vendita illegale e pericolosa. Nessuno infatti garantisce sul contenuto». Un anno fa, una giovane pugliese morì dopo aver assunto una sostanza acquistata sul web dal centro medico dove doveva sottoporsi a un banale test di intolleranze alimentari. Anziché sorbitolo, la paziente ingerì nitrito di sodio, altamente tossico per l’uomo. «Non è un caso isolato – avverte Baratto –, perché in tutta Europa sono stati segnalati episodi altrettanto gravi. In Inghilterra diverse persone sono morte dopo l’assunzione di dinitrofenolo, una sostanza usata come dimagrante ma del tutto illegale per la sua pericolosità. Ormai la vendono anche su Facebook».I social network sono l’ultima frontiera degli spacciatori di farmaci, che utilizzano tecniche sempre più sofisticate per ingannare l’ignaro acquirente. «Molti siti sembrano appartenere a società inglesi, dove la vendita online dei medicinali è consentita – sottolinea Andrea Cauduro, vice direttore del progetto
Fake Care –. Ma dietro la facciata ci sono fantomatiche società russe o cinesi, che fingono di spedire i prodotti da un Paese Ue. La mancanza del principio attivo è il male minore». L’ultima tendenza è acquistare integratori a base erboristica, alternativi ai farmaci, di dubbia composizione ed efficacia, oppure anoressizzanti e antidepressivi. Le organizzazioni criminali che tirano i fili del traffico hanno fiutato da tempo il business.Sui siti si trova di tutto. Un discount online in italiano (aperto da una società con sede a Mauritius), oltre ai ricercati prodotti che stimolano la virilità, propone un catalogo che spazia dalle pastiglie per la pressione agli antivirali. Servirebbe la ricetta medica, ma il sito sorvola. «La confusione normativa contribuisce a complicare le cose – spiegano i ricercatori di
eCrime –. Alcuni Stati Ue, come l’Italia, vietano la vendita online, altri la consentono solo per i farmaci da banco, altri ancora anche per quelli con ricetta. In quest’ultimo caso serve però un consulto medico via web. Per i criminali non è un problema: un finto medico interroga il paziente su Skype, che non è intercettabile, e il gioco è fatto». Presto potrebbe anche andar peggio, visto che nel giro di un anno anche l’Italia dovrà adottare la direttiva 62/2011 dell’Ue, che imporrà la libera vendita online dei farmaci da banco. Senza controlli e regole precise, si rischia di aprire del tutto il vaso di Pandora.
Fake Caretenta di impedirlo: attraverso la creazione di siti esca, si studiano i profili di coloro che navigano in Internet per procurarsi sostanze senza bisogno di esibire una ricetta. Uno strumento che serve anche come deterrente. Una battaglia a colpi di software, combattuta nel nome della salute pubblica.