Lo statistico. Farcomeni: «In Lombardia siamo arrivati ormai al picco»
Lo statistico Alessio Farcomeni assieme ad altri esperti della materia - i professori Fabio Divino (Università del Molise), Giovanna Jona Lasinio (Sapienza - Università di Roma), Gianfranco Lovison (Università di Palermo) e Antonello Maruotti (LUMSA - Roma) -, hanno deciso di costruire modelli statistici in grado non solo di descrivere la situazione in atto, ma di fornire previsioni della diffusione e della necessità di posti letto in terapia intensiva
«In Lombardia - spiega Alessio Farcomeni, professore ordinario di statistica all’Università di Roma "Tor Vergata" - siamo ormai arrivati al picco, anche a Bergamo e Brescia, per quanto riguarda la curva che descrive il numero di casi giornalieri. È importante che le misure messe in campo per il contenimento del contagio non vengano allentate ora, e soprattutto siano rispettate dai cittadini». Dice ancora il professor Farcomeni, che da 20 anni si occupa oltre che di statistica anche di metodi quantitativi per la medicina e l’epidemiologia, «tutte le epidemie che hanno accompagnato la storia dell’umanità dopo l’esplosione del contagio hanno una fase di declino, in molti casi fino a un equilibro con l’ospite. È plausibile che avvenga la stessa cosa per il Covid-19. Anche perché avremo in futuro vaccini e farmaci, oltre a un test diagnostico rapido, per controllare il patogeno».
In questi giorni così delicati, e con la mole di dati che venivano messa a disposizione non solo da parte delle autorità sanitarie nazionali o regionali, ma anche da altri paesi come la Cina, Farcomeni assieme ad altri esperti della materia - i professori Fabio Divino (Università del Molise), Giovanna Jona Lasinio (Sapienza - Università di Roma), Gianfranco Lovison (Università di Palermo) e Antonello Maruotti (LUMSA - Roma) -, hanno deciso di costruire modelli statistici in grado non solo di descrivere la situazione in atto, ma di fornire previsioni della diffusione e della necessità di posti letto in terapia intensiva.
Professor Farcomeni, siamo davvero vicini al picco?
Per la Lombardia direi sì, anche se permane una fase di crescita rapida nell’area metropolitana di Milano. Dobbiamo comprendere però che il picco di una epidemia non è un’ora di un giorno, ma un periodo in cui il numero di casi giornalieri è massimo e approssimativamente costante, prima (se c’è rispetto delle misure restrittive, e se non si modificano le linee guida sui test diagnostici) di iniziare una fase di decrescita. È il momento più difficile. Considerando la curva di crescita che abbiamo utilizzato (quella di Richards, ndr), la prima curva che dovremmo vedere stabilizzarsi e poi scendere è quella dei positivi giornalieri, poi con uno sfasamento temporale di qualche settimana caleranno anche quelle relative alle ospedalizzazioni e alle terapie intensive. I dati comunque vanno letti con molta cautela: i contagiati sono infatti probabilmente molto superiori ai positivi, e non abbiamo dati a disposizione attualmente per stimare quale sia questa proporzione e quanto sia incrementata durante queste settimane.
Quindi è una questione di pochi giorni?
Direi che in alcune province lombarde la stabilizzazione, se non discesa in certe zone, è già iniziata; anche per merito del lockdown effettuato. Per l’area milanese, anche per via della densità abitativa, bisogna monitorare ancora qualche giorno per poter capire quanto la stabilizzazione sia distante.
Quindi le epidemie finiscono?
Sì, finiscono, senza dubbio. Bisogna anche considerare che le misure di contenimento sono molto efficaci, se rispettate. Queste incidono in due modi: da una parte, abbassare il picco dei contagi, riducendo la pressione sul sistema sanitario; dall’altra, accelerare la fase di risoluzione dell’epidemia. A contrastare la malattia inoltre in futuro avremo sicuramente un vaccino, farmaci, e un test diagnostico rapido. Comprenderemo quali sono i fattori di rischio per le polmoniti interstiziali bilaterali, gravissima conseguenza del virus per una parte dei contagiati, e magari impareremo a prevenirle in chi contrae l’infezione.
Perché avete pensato a questo modello?
Il nostro progetto originario era quello di mostrare l’andamento previsto a breve termine dei positivi giornalieri. Abbiamo pubblicato la nostra tecnica su Facebook e ha fatto un po’ di scalpore, perché per molti giorni di seguito è stata accurata, e spesso abbiamo avuto un errore inferiore al 1%. Ora stiamo lavorando sulla previsione a breve termine dei posti occupati giornalmente in terapia intensiva, su base regionale, con ottimi risultati. Questo è un dato fondamentale per programmare le risorse sanitarie. Per quel che riguarda la valutazione del picco, l’intuizione è di un funzionario della Banca D’Italia, il dottor Gabriele Sene. Ci ha fatto riflettere sul fatto che volendo estrapolare a un orizzonte temporale più lungo quella che oggi è una ripida crescita esponenziale, dovevamo inevitabilmente considerare "un flesso" e "un punto di massimo".