Attualità

Reportage. Casal di Principe, ecco i fanghi tossici

mercoledì 8 giugno 2016
Pensate a un’enorme fossa. Immaginatela profonda circa quindici metri ed estesa diciottomila metri quadrati, sei o sette metri al di sotto della quale passi anche una falda acquifera. Pensatela alle spalle e a ridosso del piccolo stadio di Casal di Principe da una parte, a ridosso dell’Asse Mediano dall’altra e dall’altra ancora confinante con un gruppo di case (abusive). Pensate che la mascherina stavolta convenga non toglierla neppure pochi istanti, che il puzzo sia acre e a tratti violento, che fra quanto venga fuori dagli scavi del Corpo forestale e dell’Arpac, con un’escavatrice dei Vigili dei Fuoco, ci siano scarti di lavoro edili, plastiche varie e soprattutto - evidentemente – un mare di nauseabondi fanghi tossici seppelliti qui (ragionevolmente fra la seconda metà degli anni ottanta e la prima dei novanta) quando erano semiliquidi, e lo si capisce facilmente perché questa discarica (abusiva) è di quelle “a tappo” e non “a biscotto”.
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Cioè questi fanghi, una volta scaricati, andarono ad adagiarsi colmando ogni spazio. Come crema versata in un bicchiere. Adesso sono duri, compatti, grigi, hanno striature verdognole. Si spaccano, battendoli, con facilità. Probabilmente c’è cromo, che viene usato anche nelle concerie. I campioni sono stati prelevati a mandati ad analizzare. E chissà cosa può esserci ancora più sotto, più vicini alla falda. Pensate, poi, a quanto raccontò il camorrista pentito (e morto) Carmine Schiavone e il collaboratore di giustizia Luigi Diana, che indicarono proprio i terreni alle spalle dello stadio di Casale come inzeppati di rifiuti tossici. E infine ricordate le parole del pentito Gaetano Vassallo, che era il “ministro dei rifiuti” del clan dei Casalesi: “I rifiuti ufficialmente venivamo smaltiti, ma finivano nei campi, sotto la Nola-Villa Literno, nei terreni incolti, in altre cave. Tutto senza controllo”. Non solo: “Gaetano Cerci andava a casa di Licio Gelli e mi spiegò che era un procacciatore di imprenditori del Nord che potevano inviarci i rifiuti”. E ancora: “Io solo per il trasporto dei rifiuti dalla Toscana, arrivavo a prendere settecento milioni di lire al mese”. Nemmeno era difficile: “Arrivavano le motrici con i fanghi che fintamente venivano trattati negli impianti di compostaggio dei fratelli Roma. Facemmo un macello, li abbiamo scaricati nei terreni dei contadini. A Lusciano, a Villa Literno, a Parete, a Casal di Principe. Poi dopo aver scaricato passavamo con il trattore per muovere la terra”.