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«FAMILY FRIENDLY». IL NETWORK ARRIVA A QUOTA 60 . Risorsa famiglia C'è spazio in città

Antonella Mariani venerdì 6 maggio 2011
Sono partiti in 4, ora sono a 60. Il Network italiano città per la famiglia – la prima firma sul protocollo, con i Comuni di Parma, Bari, Roma e Varese porta la data del 21 maggio 2010 – è diventato grande. Da Campobasso a Crema, passando per Alghero e Udine, è un continuo scambio di "buone pratiche", progetti e proposte per rendere ogni aspetto della politica locale, dalle tariffe dei servizi comunali, fino alla progettazione degli spazi verdi, a misura di famiglia. L’ultimo arrivato è il Comune di Bergamo, che nei giorni scorsi ha aderito al Network gettando nella mischia una équipe di esperti guidata da Lia Sanicola, docente di Famiglia e Welfare comunitario. «L’obiettivo – racconta l’assessore alle Politiche sociali, Leonio Calloni – è elaborare al più presto un Piano operativo e strategico di politiche per la famiglia».Dalle Alpi allo Jonio, città grandi e paesini: 60 realtà diverse che hanno deciso di mettersi in rete perché hanno capito che investire sulla famiglia è investire sul futuro. La capostipite è stata Parma, che nel 2007 ha creato l’Agenzia per la famiglia con funzione di coordinamento tra tutte le aree dell’amministrazione pubblica in modo che ogni provvedimento «abbia profumo di famiglia», come sintetizza in modo suggestivo Cecilia Maria Greci, delegata del sindaco all’Agenzia. Dottoressa Greci, qual è il “minimo sindacale” per poter far parte del Network delle città per la famiglia?Bisogna credere fino in fondo che la famiglia è un bene di tutti. L’amministrazione fa la sua parte, ma tanti soggetti, a partire dall’associazionismo, possono aggiungere un tassello. Concretamente a Parma cosa avete realizzato dal 2007 a oggi?Abbiamo iniziato a introdurre agevolazioni per le famiglie numerose sulle tariffe dei servizi (mense scolastiche, trasporti, Irpef, asili): da questa base siamo arrivati al Quoziente Parma, che prevede un sistema di agevolazioni per tutte le famiglie che hanno compiti di cura (figli in affido, figli con disabilità, anziani a carico...).E sul territorio cosa è successo?È successo che tutti i settori dell’amministrazione sono stati coinvolti in questa sfida. Così oggi il tasso di copertura degli asili nido è già ben oltre gli obiettivi di Lisbona (33%) e sono state attivate modalità alternative di cura come le Tagesmutter, l’albo comunale delle baby-sitter e gli asili-non asili con orari flessibili. Abbiamo 3 Laboratori famiglia che propongono attività nei quartieri, 12 Laboratori compiti e un Laboratorio giochi nel carcere maschile per i figli dei detenuti in visita ai padri. Poi abbiamo Bicibus e Pedibus per i bambini che vanno a scuola. Ognuna di queste iniziative è portata avanti da associazioni e da volontari, con il nostro coordinamento e un piccolo sostegno economico. La sfida complessiva è fare crescere le relazioni all’interno della famiglia e tra le famiglie. Infine, abbiamo attivato tre bandi di concorso: uno per il finanziamento di progetti di auto-aiuto familiare che vedano coinvolti almeno 6 nuclei, un altro per il sostegno all’affitto a giovani coppie che si sposano e infine un bando per integrare il reddito delle mamme e papà che scelgono di stare a casa nel primo anno di vita dei figli. Lavorare per la famiglia però ha un costo, e di questi tempi un Comune può considerarlo un lusso...Lavorare sulla famiglia non è a costo zero e dunque richiede una scelta di priorità. Agli amministratori io suggerisco di partire in modo graduale, con progetti sostenibili. E soprattutto appoggiandosi alle risorse associative che esistono sul territorio, in una logica di solidarietà e sussidiarietà.Il Network costituisce una potente spinta dal basso per politiche family-friendly. Ma non sarebbe auspicabile anche una “consacrazione” dall’alto, ad esempio un sostegno legislativo o politiche fiscali più eque...Uno degli obiettivi del Network è proprio quello di dimostrare che nonostante tutto ci sono in Italia città, sindaci e amministratori che hanno voglia di lavorare sulla famiglia perché credono che essa sia il motore del futuro. Noi crediamo che quello comunale sia un livello in cui si possa dare risposte immediate ed efficienti e tante città condividono il nostro pensiero. Un cambiamento forte ad altri livelli amministrativi sarebbe certamente un aiuto, anche perché uniformare le opportunità sul territorio a tutte le famiglie è il traguardo più giusto. A macchia di leopardo l’Italia ha tante esperienze bellissime, ma sarebbe giusto che tutte le famiglie italiane potessero godere delle stesse opportunità. Quest’anno celebriamo i 150 anni dell’Unità d’Italia, sarebbe bellissimo ottenere un segnale forte su tutto il territorio nazionale. A partire dal fisco.