I giudici. «Familiari di Saman senza pietà»
Saman Abbas, 18 anni, di cui da quattro mesi non si hanno notizie
A quattro mesi dalla scomparsa a Novellara di Saman Abbas il fratello minorenne della ragazza ha rivelato ai giudici alcuni particolari che gettano un’altra luce sulla vicenda: «ci fu una riunione per stabilire come sbarazzarsi del cadavere: facendolo a pezzi». Il racconto di quel pomeriggio del 30 aprile – il giorno dal quale si sono perse le tracce della 18enne di origini pachistane – viene riferito nell’ordinanza del Tribunale del Riesame di Bologna sull’incidente probatorionel quale è stato confermato l’arresto di un cugino della giovane, Ikram Ijaz, accusato di aver partecipato all'omicidio.
All’incontro di cui ha parlato il fratellino di Saman, avvenuto nella casa di famiglia per decidere le sorti della ragazza, avrebbero partecipato lo zio Danish Hasnain e un altro parente. «Come far sparire il cadavere? Smembrandolo» avrebbe proposto uno di loro. «Io faccio piccoli pezzi e se volete porto anch’io a Guastalla, buttiamo là, perché così non va bene», sarebbe stato detto, ancora, dall’altro partecipante al macabro summit. I magistrati bolognesi si soffermano anche sulle ragioni dell’omicidio, perché di questo sicuramente si tratta nonostante non sia stato ancora trovato il corpo della diciottenne: «Il movente affonda in una temibile sinergia tra i precetti religiosi – si legge nell’atto – e i dettami della tradizione locale che arrivano a vincolare i membri del clan a una rozza, cieca e assolutamente acritica osservanza pure della direttiva del femminicidio». Familiari senza pietà. Ijaz è l’unico arrestato tra i cinque indagati per il delitto, gli altri sono ancora latitanti e ricercati all’estero: fu lui a scavare la buca vicino casa sua a Guastalla, dove volevano mettere il cadavere, il 29 aprile. Poi, due notti dopo, arrivò nell’abitazione degli Abbas a Novellara con Hasnain, che secondo la procura sarebbe stato l’autore materiale dell’assassinio, e con l’altro cugino, Nomanhulaq Nomanhulaq il quale, come lui, avrebbe partecipato alla fase preparatoria.
Dall’ordinanza sono trapelate anche le dichiarazioni che Saman rilasciò ai carabinieri il 3 febbraio, quando, appena raggiunta la maggiore età, era ancora affidata a una comunità protetta: «Parlando con mia madre le dicevo: dai, tu sei una mamma, lui è troppo grande per me, anche lui non vuole sposarsi con me. E lei mi rispondeva che non è una decisione mia». A novembre, da minore, infatti, la giovane studentessa era stata allontanata dalla casa familiare dall’assistente sociale perché aveva denunciato i genitori che la volevano far sposare in patria con un cugino di undici anni più grande di lei. Saman ha raccontato ai militari dell’Arma anche le violenze subite dal padre Shabbar: «Le reazioni di mio padre erano violente a livello fisico. Mi picchiava. Una volta, cinque mesi fa, ha lanciato un coltello nella mia direzione e non ha colpito me, ma mio fratello che aveva 15 anni ferendolo a una mano». E, ancora: «Mi picchiava perché io volevo andare a scuola, ma lui non voleva».