Una proposta. Alle famiglie in difficoltà serve fare comunità, soprattutto in periferia
Una madre passeggia con il figlio
Circa la metà delle famiglie con figli, secondo la proiezione messa a punta dalla Fondazione Openpolis, non potrà permettersi di andare in vacanza. Quelle più penalizzate sono i nuclei familiari con almeno 3 figli minori che nel 49,4% dei casi saranno costrette a rimanere a casa. Ma non andrà in vacanza neppure il 41% delle famiglie con due figli, dato che poi supera il 50% in caso di famiglie monogenitoriali. Una situazione che, dopo i mesi pesanti della pandemia, priverà di un importante momento di svago alcune centinaia di migliaia di bambini.
Spiacevole, certamente. Eppure la vacanza rinviata a tempi migliori potrebbe non rappresentare il dato più preoccupante sul fronte dell’emergenza educativa post Covid. Ecco perché si moltiplicano le iniziative per offrire supporto alle famiglie più vulnerabili, quelle maggiormente segnate da un periodo in cui alla crisi economica si sono aggiunte le incognite pesantissime derivanti dalla didattica a distanza che ha ampliato le diseguaglianze.
Mentre le famiglie con una sufficiente dotazione informatica casalinga e la possibilità di offrire un supporto proattivo ai figli hanno retto le conseguenze dell’isolamento, quelle prive degli strumenti tecnologici e culturali indispensabili si sono molto spesso rivelate non solo inadeguate sotto il profilo educativo ma anche luoghi ad alto rischio con l’esplodere di conflittualità latenti e di gravi tensioni relazionali.
Tanto che la presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, Carla Maria Gatto, (da cui dipende gran parte del territorio lombardo) ha fatto notare come il suo ufficio abbia dovuto sopportare nell’ultimo anno il raddoppio dei provvedimenti legati ad abusi e violenze domestiche con il coinvolgimento di bambini e ragazzi. Stessa situazione per la maggior parte dei Tribunali minorili italiani.
Un quadro che trova conferma anche a livello internazionale. Una ricerca condotta dall’Università di Harvard ha sottolineato come negli ultimi 18 mesi il 71% dei minori abbia manifestato problemi comportamentali collegati ai prolungati periodi di contenimento post Covid e alla chiusure delle scuole. Non solo ansia, disturbi del sonno, irritabilità, ma anche regressione cognitiva e, nei casi più gravi, disturbi psicologici.
In questa prospettiva acquista grande significato un progetto come quello denominato Face – Farsi comunità educanti – che si è proposto di potenziare e ampliare l’accesso ai servizi educativi e di cura di circa duemila bambini fino a sei anni anni nei territori di Reggio Emilia, Napoli, Palermo e Teramo. Il progetto, partito fin dal 2018, si propone la costruzione di alleanze, reti territoriali, per arrivare alla ridefinizione di autentiche comunità educanti.
Obiettivo raggiunto in alcune realtà come nei quartieri Ponticelli a Napoli, Sperone e Brancaccio a Palermo, Regina Pacis a Reggio Emilia e nel centro storico di Teramo, colpito dal sisma. Lo scorso 30 luglio è stato diffuso un documentario che testimonia, con le immagini delle periferie e dei quartieri, le impressioni delle mamme e dei papà, i volti e i gesti delle bambine e dei bambini, le voci degli esperti che hanno dato vita al progetto.
Parole e immagini da cui emerge la forza delle comunità educanti che sono nate con il progetto Face. Attraverso attività integrative settimanali, extrascolastiche e ricorrenti, co-progettate e realizzate sui territori, e a cui hanno partecipato bambini e genitori insieme, il progetto ha consentito di superare solitudini, ha focalizzato l’attenzione sull’infanzia e l’educazione di qualità, ha creato connessioni e legami, reti tra famiglie e territorio, che continueranno anche oltre la fine del progetto stesso, in nuove occasioni tanto necessarie in un periodo come questo. Il progetto è stato selezionato dall’impresa sociale "Con i Bambini", nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, e che vede come capofila la Fondazione Reggio Children - Centro Loris Malaguzzi. Vi hanno preso parte una trentina di realtà
Il progetto Face ha anche offerto lo spunto per confronti tra esperti e addetti ai lavori, come quello concluso nelle scorse settimane su educazione e salute. Due aspetti che, ha fatto notare Paola Crestani, presidente di Amref Health Africa-Italia (tra i partner del progetto), devono andare di pari passo. Nella stessa occasione la coordinatrice pedagogica del progetto Face, Simona Zuliani, ha messo in guardia dal rischio di considerare la riapertura delle scuole in presenza, pur importantissima, come la soluzione di tutti i problemi: «La scuola non può farcela da sola. È necessario stringere alleanze con gli attori del territorio che incontrano ogni giorno bambini e famiglie. Solo attraverso questa sinergia è possibile un vero ascolto, presupposto per la sperimentazione, la ricerca e la costruzione di una comunità educante».