Attualità

Bilanci. Famiglie, i conti che non tornano (anche nella manovra)

Marco Iasevoli sabato 21 ottobre 2023

Per Eurostat, il 63% delle famiglie nelle italiane ha fatto fatica a far quadrare i conti

Nel giorno in cui Eurostat conferma l’affanno delle famiglie italiane - il 63% dichiara difficoltà a far quadrare i conti, è il dato più alto tra i grandi Paesi dell’Ue - emerge dal decreto Anticipi collegato alla manovra la scelta del governo di destinare a copertura di altre misure 350 milioni non spesi per l’assegno unico alla data del 30 settembre.

Nel complesso, si fa più salato il costo sociale della legge di bilancio varata lunedì dal governo. Alle polemiche per i 350 milioni sottratti dal Fondo per le disabilità e per gli “zero euro” previsti per la non autosufficienza si aggiunge, appunto, la preoccupazione per la scelta di non utilizzare nell’ambito delle politiche familiari le risorse non utilizzate per l’assegno unico. Non solo: nel decreto Anticipi, che va a finanziare la coda lunga del Superbonus, gli aumenti contrattuali, il conguaglio pensionistico e il rinvio, molto oneroso, dei versamenti fiscali degli autonomi con reddito fino a 170mila euro, viene fuori anche una riduzione di 258 milioni dei fondi stanziati sul Reddito di cittadinanza e un taglio di 200 milioni al Fondo di perequazione per le infrastrutture, che serve a colmare il gap di opere strategiche tra Nord e Sud del Paese.

È già nota la posizione del governo e del Mef sulla scelta di attingere per le coperture a fondi sociali: si tratta comunque di soldi non spesi. Tuttavia è politica, non tecnica, la decisione di non reinvestirli sugli obiettivi per cui sono stati stanziati.

Un discorso articolato va fatto per la famiglia. Ieri l’allarme di Eurostat: l'Italia, spiega il sistema statistico europeo, è l'unico fra i grandi Paesi europei (Francia, Germania e Spagna) in cui la quota di famiglie che riporta almeno qualche difficoltà a far quadrare i conti nel 2022 è sopra il 63%. La divisione per Paesi mostra come la percentuale di famiglie che dichiara almeno qualche difficoltà a far quadrare i conti nel 2022 varia da meno di un quarto in Svezia, Germania, Paesi Bassi, Finlandia e Lussemburgo all'80,3% in Bulgaria e all'89,6% in Grecia. L'Italia rientra in questa categoria - ovvero almeno il 63% del totale - superando Francia, Polonia, Spagna e Portogallo. La media europea è del 45,5%.

A fronte di questa situazione, l’esecutivo lunedì ha varato un pacchetto di misure da un miliardo. L’aumento del Fondo per i nidi, il mese aggiuntivo di congedo parentale al 60%, la decontribuzione per le mamme-lavoratrici. Secondo stime che sono state diffuse nelle scorse settimane, le risorse “avanzate” dall’assegno unico potrebbero essere, a fine anno, intorno ai 2 miliardi, il doppio rispetto a quanto investito in manovra. Fonti di governo però ridimensionano, stimando un avanzo di 1,3 miliardi quindi già riutilizzato tra nuove misure per le famiglie e coperture del dl Anticipi. Tra l’altro, è utile ricordare che anche il governo Draghi, quando si trovò tra le mani il primo tesoretto dell’assegno unico, ne destinò un pezzo non irrilevante - circa 630 milioni - alla copertura di altre misure.

L’avanzo si accumula per numeri ormai noti e documentati costantemente dall’Osservatorio Inps: nonostante oltre 6 milioni di famiglie e 9,7 milioni di figli coinvolti, un nucleo su quattro non ha presentato domanda. Il finanziamento quindi eccede la domanda. A pesare soprattutto l’esiguità dell’importo minimo universale, pari a 54 euro, che dissuade i redditi più alti e gli autonomi. Il Forum Famiglie e le associazioni sono concordi nell’individuare l’aumento dell’assegno-base universale come strumento per convincere chi è rimasto “diffidente” rispetto all’assegno unico. Si tratterebbe di un intervento strutturale, ma il tema per la manovra è un altro, ovvero come spendere quanto resta in cassa. E in questa manovra nuovi interventi anche pro-tempore sull’assegno unico non sono previsti.

I soldi del contributo per figli non reinvestiti in politiche familiari, pari a 350 milioni, invece quasi coincidono con i 326 milioni che il decreto-anticipi destina al «programma di ammodernamento e rinnovamento» della difesa nazionale».

Probabilmente anche per i 258 milioni prima a dotazione del Reddito di cittadinanza si può parlare di risorse che rischiavano di restare inutilizzate per i precedenti interventi del governo finalizzati a ridurre la platea del Rdc, ma anche in questo caso i fondi escono dall’orbita del contrasto alla povertà entrando in un provvedimento in cui, come detto, si rinviano le scadenze fiscali di autonomi che incassano sino a 170mila euro l’anno.

Un quadro completo sul capitolo sociale lo si potrà avere dopo la presentazione formale del ddl bilancio. Mentre in Parlamento i partiti avranno a disposizione 400 miloni per emendare le misure del governo ed eventualmente correggere alcuni indirizzi.