Famiglia. 5s-Lega ancora divisi sul Def. Sette giorni per trovare convergenze
Il contratto è «da rivedere». Lo hanno detto Salvini, Di Maio e Conte. Ma tutti e tre avevano fissato la scadenza a dopo le Europee. Bisogna fare prima, invece. Almeno su alcuni temi, come la famiglia, che entrambi i partiti vogliono inserire nel Def ma partendo da punti molto divergenti. La Lega punta sulla «flat-tax», e in una bozza circolata ieri del Piano nazionale delle riforme (il testo che si allega al Documento di economia e finanza) è messa nero su bianco la proposta di una 'tassa piatta' del 15% per i redditi sino a 30mila euro recuperando risorse dalle 'tax expenditures' (voce di spesa sempre citata e mai realmente 'aggredita').
Salvini difende la proposta ricordando che è nel «contratto ». Ma nel contratto c’è anche la piattaforma-Di Maio: nel capitolo dedicato a 'famiglia e natalità' si parla, tra l’altro, di «fiscalità di vantaggio». Negli ultimi giorni il leader M5s ha ricalibrato il pacchetto parlando di «coefficiente familiare» nell’Irpef. Salvini e Di Maio non recedono dalla propria posizione e sembrano non voler fare i conti con l’ingente mole di risorse che le loro proposte richiedono, in un contesto di crescita- zero, debito in aumento e clausole Iva per un valore di 23 miliardi. Le prospettive sono due. La prima, negativa, è che entrambi tengano il punto tendendo così tanto l’elastico da strapparlo, riducendo, ancora una volta, la famiglia a 'bandierina' da sventolare a ridosso delle tornate elettorali. La seconda è che, nei sette giorni che porteranno al varo del Def, i due leader si mettano a tavolino e diano sostanza ai propositi.
La fase politica non aiuta: entrambi i partiti ora vogliono più distinguersi che costruire. «Mi preoccupano certe derive di ultradestra della Lega che mi costringono a prendere posizione, non si possono chiudere le don- ne in casa a fare figli o abolire la legge sull’aborto o discriminare e odiare qualcuno », è la conferma che arriva in serata da Di Maio. I segnali quindi non sono positivi. Ieri, l’Inps ha confermato che, in base all’ultima manovra, il voucher per babysitter (o per asili nido) per le mamme che rinunciano al congedo parentale non è stato prorogato. Un beneficio da 600 euro al mese per 6 mesi di cui potrà usufruire fino al 31 dicembre 2019 (al 31 luglio 2019 per gli asili nido) solo chi ne ha fatto richiesta entro l’ultimo giorno dell’anno scorso.
È il prezzo di una manovra che ha privilegiato altri obiettivi. È inoltre un ulteriore assist alle tensioni nella maggioranza, dato che la Lega si affretta a dire che la colpa è del ministero di Luigi Di Maio. «Avevamo fatto proposte per prorogare, ore ponga rimedio», attacca la Lega. «Siamo stupiti, loro ritirarono gli emendamenti e poi abbiamo portato il bonus-nido - altra misura da non confondere con quella in questione - da mille a 1.500 euro annui», rintuzza Di Maio che nella lettera ad Avvenire pubblicata in questa pagina promette un intervento anche sui servizi dell’infanzia.
Nel frattempo il Pd con Renzi parla di «stupidità» della maggioranza mentre De Palo, presidente del Forum delle famiglie, chiede il ripristino della misura. Per uscire da questo muro contro muro può essere utile il ruolo del Forum delle famiglie, che sta incontrando tutti i leader politici (anche di opposizione, dato che ci sono proposte come quella dell’assegno universale del dem Stefano Lepri) con una soluzione sistemica sul fisco di più facile attuazione, l’istituzione di un assegno unico per ogni figlio sino al compimento dei 18 anni (26 se prosegue gli studi). L’auspicio è che un interesse convergente in Parlamento superi i tatticismi.