Etica e salute. Eutanasia e suicidio assistito «Noi medici fermi sul no»
Contrari a eutanasia e suicidio assistito. Senza se senza ma. A ribadire la loro posizione sono stati i vertici dei medici della Fnomceo, la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, e degli infermieri della Fnopi, la Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche, durante il convegno nazionale di pastorale della salute che si è concluso ieri a Caserta.
«Da sempre la morte è il male per i medici – ha detto Filippo Anelli, presidente Fnomceo –. La consideriamo il nemico numero uno». Come sanitari «siamo chiamati a migliorare la vita, abbiamo nel Dna il rispetto della dignità, l’alleviare, il venire incontro. Non abbiamo mai pensato di trasformare questo paradigma usando la morte per alleviare le sofferenze ». Schierandosi apertamente contro ogni forma di morte a richiesta, Anelli ha parlato anche dell’ordinanza 207 della Corte Costituzionale con cui i giudici il 16 novembre 2018 hanno richiesto un nuovo intervento legislativo del Parlamento su casi estremi come quello di dj Fabo.
«La Corte ci impone di considerare il caso in cui il cittadino voglia porre fine alle sofferenze con la morte – ha detto Anelli –. Per noi medici questo cambia un paradigma, cosa che naturalmente non vogliamo fare, anche se comprendiamo le ragioni e le circostanze che sono evidenziate da un organismo così importante come la Consulta». Nella pronuncia «sono già definiti dei parametri », i giudici «hanno detto che sono disponibili a considerare il diritto al suicidio e che, nel caso in cui il Parlamento non approvi una legge entro il 24 settembre 2019, loro comunque interverranno ». Nessuna pronuncia può far cambiare l’etica professionale su un punto decisivo come questo: «Noi vogliamo continuare a fare i medici» è la posizione di Anelli a nome di tutti i colleghi. Ai camici bianchi, hanno fatto da eco gli infermieri. Sempre a Caserta la presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, ha presentato il nuovo Codice deontologico nel quale «abbiamo rimarcato che non siamo per l’eutanasia perché in ogni caso salvaguardiamo la vita. Un conto infatti è accompagnare in maniera dignitosa nel fine vita, evitando l’accanimento terapeutico, un altro è agire in maniera attiva». Durante il convegno organizzato dall’Ufficio Cei di pastorale della salute è emersa con forza l’esigenza di puntare a una maggiore diffusione in Italia de- gli hospice e, in generale, della cultura delle cure palliative per le quali «andrebbe creato un servizio dedicato in tutte le strutture ospedaliere», ha suggerito Giovanni Zaninetta, responsabile dell’Hospice Domus Salutis di Brescia.
«È impossibile pensare che questo possa azzerare le richieste di suicidio assistito – ha riconosciuto Zaninetta, che è anche past president della Società italiana di cure palliative (Sicp) – ma abbiamo il dovere etico e morale di creare tutte le premesse affinché le persone non si sentano abbandonate, siano curate bene e si rendano conto di valere anche se attorno a loro gli si dice che non valgono nulla. Se una persona percepisce di essere ancora un valore, nonostante la condizione precaria, è difficile che senta il bisogno di morire». La posizione di due organizzazioni così importanti come quelle dei medici e degli infermieri certo non garantisce che tutti gli operatori sanitari italiani siano contrari all’eutanasia.
«Ne siamo consapevoli – ha commentato don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Cei di pastorale della salute –, ma per noi costituisce un fatto importante che le due principali federazioni professionali che rappresentano decine di migliaia di iscritti condividano il nostro no. Lo consideriamo un segnale significativo della maturità del dibattito giunto finora all’interno delle professioni sanitarie e siamo contenti che i due presidenti abbiano scelto di ribadire le loro convinzioni durante il convegno organizzato dalla Chiesa italiana», che ha visto la partecipazione in quattro giorni di 600 persone e 125 relatori, distribuiti in 21 sessioni tematiche e quattro plenarie.