Coronavirus. L'Europa dice sì al Fondo per ripartire. Raggiunta un'intesa tra i leader
Come previsto, la video conferenza dei 27 leader, dai toni, raccontano, piuttosto pacati, non ha portato a decisioni definitive, ma ha comunque dato il via libera di principio al Fondo di ripresa, ancora tutto da costruire. Non è poco: «Un mese fa un fondo del genere finanziato con titoli comuni sembrava un sogno lontano» commentava un diplomatico.
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, ha annunciato il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, è stata incaricata dai leader di mettere a punto una proposta per un Fondo che sia «di sufficienti dimensioni, mirata verso i settori e le parti geografiche dell’Europa più colpite» dalla pandemia. Un Fondo che, su insistenza italiana, è stato definito «necessario e urgente».
«Tutti – affermerà la cancelliera Angela Merkel – hanno concordato sul fatto che serve un piano congiunturale, o come viene chiamato un fondo di ripresa. Voglio dire in modo molto chiaro che una risposta comune del genere è anche nell’interesse tedesco. La Germania sta bene solo se l’Europa sta bene». «È importante – ha avvertito Michel – dimostrare ai Paesi più colpiti come l’Italia che il progetto europeo è forte e ha un obiettivo comune, più convergenza, più coesione e più solidarietà».
Cresce la consapevolezza delle drammatiche prospettive dell’Europa. Durante la riunione, la presidente Bce Christine Lagarde ha parlato di una possibile contrazione del Pil dell’Eurozona che va da uno scenario più moderato di -5%, a uno intermedio di -9% fino a quello più drammatico di -15%. «Attenti a non fare troppo poco troppo tardi – ha avvertito Lagarde – un fondo di ripresa deve essere veloce, saldo e flessibile. Dobbiamo assicurare tutti insieme che tutti gli Stati membri possano prendere le necessarie misure di bilancio per superare la crisi». Poco prima, di fronte al Bundestag, Merkel aveva parlato della «sfida più grande dalla seconda Guerra mondiale», avvertendo che «l’Europa non è l’Europa se non agisce insieme in un momento di emergenza».
Secondo il premier Giuseppe Conte la proposta di Von der Leyen è attesa per il 6 maggio. Entro due settimane da ieri, ha annunciato il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno, torneranno a riunirsi i ministri finanziari per discutere la proposta di Bruxelles. Intanto l’Eurogruppo è stato incaricato di «rendere operativo» entro il primo giugno il pacchetto da 540 miliardi (con il piano Sure per le casse integrazioni da 100 miliardi di euro, il piano da investimenti da 200 miliardi della Bei e la linea di credito da 240 miliardi del Mes).
Sul Fondo non ci sono cifre precise, peraltro fonti Ue riferiscono che Von der Leyen abbia liquidato le indiscrezioni su una bozza da 2.000 miliardi come un vecchio testo risalente a prima di Pasqua. Saranno, ha però detto, «non pochi miliardi ma migliaia». Durante la riunione, Merkel ha parlato di 1.000 miliardi, Italia, Francia, Spagna di 1.000-1.500 miliardi.
Il lavoro però comincia ad esso, perché restano profonde divergenze.
Anzitutto, resta la profonda spaccatura tra Italia, Spagna, Francia, che chiedono che siano sovvenzioni e chi, come Finlandia, Austria e Olanda, insistono che devono essere solo prestiti da restituire. Su questo, ha ammesso il presidente francese Emmanuel Macron «non si è trovato alcun consenso». Merkel, significativamente, è rimasta più sfumata. Von der Leyen ha spiegato che «si dovrà trovare il giusto equilibrio tra prestiti e sovvenzioni».
L’idea che sta girando è un mix: usare titoli emessi dalla Commissione per finanziare sia il Fondo di ripresa, che emetterà prestiti, sia però per potenziare il bilancio stesso dell’Unione. Il quale, si sa, invece fornisce fondi agli Stati membri in forma di sovvenzione.
Tutti concordano ormai, d’altro canto, che il Fondo dovrà essere collegato al prossimo Quadro finanziario pluriennale (Qfp, il bilancio settennale Ue) 2021-27, solo che restano molti punti interrogativi. «La Commissione – ha detto ancora Michel – dovrà chiarire questo legame». Merkel si è detta ufficialmente pronta ad aumentare, significativamente, il contributo di Berlino al Qfp, «non è solo una cosa giusta, è nell’interesse della Germania» ha detto. Si sa che ormai c’è un consenso di massima che serviranno titoli comuni Ue emessi dalla Commissione (sulla base dell’articolo 122 del Trattato Ue e già usati in altre occasioni), con garanzie del Qfp. Von der Leyen chiede di aumentare la soglia massima delle risorse proprie del bilancio, dall’attuale 1,2% del Pil Ue al 2%, per aumentare la potenza di fuoco, ma anche questo non sarà facile, del resto il bilancio si decide all’unanimità.