Migranti. Intesa sui ricollocamenti, l'Europa trova l'accordo in extremis
Donne migranti sbarcate sul territorio spagnolo
Dopo una giornata sulle montagne russe, con un quasi accordo e poi un’improvvisa rottura, alla fine a Lussemburgo l’intesa sul Patto sulla migrazione è finalmente arrivata, dopo anni di negoziati infruttosi. C’è voluta una maratona negoziale durata oltre undici ore, con momenti di tensione soprattutto tra Italia e Germania.
Sul tavolo i due testi chiave del Patto, il regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione (Ammr) e il regolamento sulla procedura di asilo (Apr). Testi che costituiscono una riforma (non un pieno superamento) dell’attuale regolamento di Dublino sull’asilo. Un accordo storico e insperato. «Onestamente – ha ammesso in conferenza stampa per la presidenza di turno la ministra dell’Interno svedese Maria Malmer Stenergard – poche ore fa non avrei creduto che avrei detto: abbiamo un accordo». Adesso però andrà negoziato ciò che è stato deciso con il Parlamento Europeo.
L’intesa è arrivata a maggioranza qualificata, che ha sterilizzato l’opposizione ormai scontata di Polonia e Ungheria (si contano poi le astensioni di Malta, Lituania, Slovacchia e Bulgaria). Al centro, l’Italia: pur avendo deciso di andare al voto a maggioranza, la presidenza svedese, ma anche Germania, Francia, Spagna ritenevano indispensabile il sì dell’Italia, il principale Paese di prima linea. L’ultimo intoppo è stata l’insistenza della Germania nel delimitare fortemente il concetto di Paese terzo sicuro di transito in cui poter rinviare migranti irregolare (come l’Italia punta a fare con la Tunisia).
Berlino aveva fatto passare un testo in cui si indica che sarà possibile rinviare migranti irregolari in Paesi terzi con condizioni rigide, sostenendo anzitutto che il migrante in questione deve avere un collegamento diretto con quel Paese (anzitutto familiari). In pratica, sarebbe stato impossibile per l’Italia applicare un accordo con la Tunisia per rimandare indietro migranti irregolari passati attraverso il Paese nordafricano.
Al momento della verifica, a metà pomeriggio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi era stato duro: un simile principio «escluderebbe e dunque limiterebbe fortemente» le possibilità di gestire il fenomeno migratori «con accordi con Paesi esterni all’Ue». E dire che Piantedosi poco prima aveva avuto un colloquio di circa venti minuti con la collega tedesca Nancy Faeser. Alla fine, però, la quadra si è trovata con il classico stratagemma all’europea: il principio rimane, ma sta a poi allo Stato membro valutare come e se applicare questi criteri.
Su tutto il resto l’accordo a maggioranza, Italia inclusa, era stato già trovato sugli altri punti chiave. Passato il concetto di solidarietà obbligatoria ma flessibile: nel caso un Paese di prima linea sia sotto pressione migratoria (che deve esser confermata dalla Commissione Europea), gli altri Stati membri dovranno o partecipare al ricollocamento di 30.000 richiedenti asilo, o pagare 20.000 euro per ogni migrante non accolto.
L’Italia ha ottenuto inoltre un ammorbidimento sul fronte delle capacità massima di accoglienza oltre le quali decade l’obbligo di procedura alla frontiera (dunque vaglio accelerato della richiesta di asilo con accoglienza in prossimità dei confini esterni, come già accade in Italia con il decreto Cutro, in vista poi del rimpatrio) per i migranti irregolari con scarse chance di asilo: si parla di 30.000 posti letto l’anno per tutta l’Ue (circa 12.000 per l’Italia), ma il problema era che, visto il via vai dei migranti che nel corso di un anno si liberano via via i letti, era stato indicato un coefficiente di quattro volte per calcolare il numero massimo effettivo di procedure di frontiera (dunque 120.000) prima che decada l’obbligo.
L’Italia voleva scendere a 20.000 con un coefficiente di due. Alla fine, sono rimasti i 30.000 posti letto, ma il coefficiente parte da due (dunque 60.000 procedure) il primo anno, per salire a tre nel secondo (90.000 procedure) e arrivare a quattro solo dopo tre anni. Rimane il concetto del vecchio regolamento di Dublino che lo Stato Ue di primo approdo è responsabile del migrante irregolare.
L’Italia però ha ottenuto che nel caso sia arrivato attraverso operazioni di ricerca e salvataggio in mare, il Paese di primo approdo resterà responsabile (dunque obbligato a riprenderselo se si sposta in un altro Stato Ue con i movimenti secondari) per un solo anno, contro i due previsti per gli altri casi. Inoltre, Paesi di primo approdo potranno rifiutarsi di riprendersi migranti irregolari spostatisi in altri Stati Ue se questi non avranno rispettato le proprie quote.
Le novità
Procedura comune
Il “Patto dei migranti” in discussione ieri in Lussemburgo ha due capitoli-chiave: la revisione della procedura d’asilo (Apr) e la gestione dell’asilo e della migrazione (Ammr). Il primo obiettivo è quello di riformare la procedura comune in tutta l'Unione europea per concedere o revocare la protezione internazionale e per stabilire rapidamente alle frontiere chi può avere diritto all’asilo e chi invece no.
Tempi certi
C’è un termine di 12 settimane da rispettare da parte dei vari Paesi membri: l’esame delle domande d’asilo dovrà avvenire dunque entro massimo tre mesi dalla presentazione. Non solo: verrà introdotta una quota annuale di posti da ripartire in ogni Paese sulla base di una formula che tiene conto del Prodotto interno lordo e della popolazione di ciascuno Stato.
I ricollocamenti
È stato previsto dalle istituzioni europee un bacino di 30mila ricollocamenti l’anno. I Paesi che non vorranno partecipare al meccanismo potranno farlo ma pagando una specie di “una tantum” per ogni migrante non accolto: si tratta di una cifra di 20mila euro a persona non ospitata. Occorre poi individuare Paesi terzi non di origine verso i quali sia possibile re-inviare i migranti che vengono espulsi.
Misure eccezionali
In caso di arrivi incontrollati di stranieri su un determinato territorio, è stato studiato un meccanismo che consenta al Paese interessato di applicare misure eccezionali. Da ultimo, la Commissione ha messo a punto un cambiamento della versione attuale del regolamento di Dublino, con nuove disposizioni pensate in particolare per i Paesi di primo ingresso.