Attualità

Il caso. «Eterologa frettolosa. Giudici interventisti»

Emanuela Vinai mercoledì 20 agosto 2014
Non vi sarebbe alcun vuoto normativo che impedisce l’applicazione immediata delle tecniche di fecondazione eterologa e quindi il centro in grado di applicarle deve attivarsi per consentire alla coppia di accedervi  subito. Questa, in sintesi, la posizione espressa dall’ordinanza emessa dal Tribunale di Bologna nei giorni scorsi nell’accogliere il ricorso di una coppia che chiedeva di poter praticare immediatamente l’eterologa senza aspettare linee guida o altri strumenti normativi. Nell’atto, firmato dal giudice Antonio Costanzo della prima sezione del Tribunale civile di Bologna, si dice che è possibile procedere semplicemente seguendo le regole della legislazione sanitaria vigente, nonostante il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, invitando alla cautela, abbia espressamente chiesto di attendere una disciplina ad hoc.  «Sembra avanzare un’eterologa frettolosa, anche a costo della mancanza di autorizzazione dei centri, che l’ordinanza supera un po’ troppo sbrigativamente», commenta Andrea Nicolussi, Ordinario di diritto civile nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Cattolica di Milano e membro del Comitato nazionale di bioetica. «L’ordinanza suppone che un centro sia autorizzato a operare per l’eterologa semplicemente sul presupposto che sia già autorizzato all’omologa – spiega il giurista – ma così si trascurano i problemi specifici dell’eterologa e la relativa esigenza di tutele, sanitarie e non, collegate all’uso di gameti esterni alla coppia. La stessa Corte Costituzionale aveva richiamato l’esigenza di una limitazione normativa delle donazioni. Inoltre, bisogna assicurare la tracciabilità donatore- nato che attualmente non può essere garantita. Del resto, l’Italia non ha recepito integralmente la relativa normativa europea quando questo tipo di fecondazione non era consentita».  Un secondo punto su cui l’ordinanza scivola è quello relativo all’anonimato dei donatori, che lede  la tutela della salute del nascituro  oltre che il diritto alla sua identità. «Già la sentenza della Corte è stata ambigua – chiarisce Nicolussi – perché, da un lato ha fatto riferimento alla disciplina sull’utilizzo e la conservazione di cellule e tessuti, dall’altro ha citato l’articolo 28 della legge sull’adozione che prevede il diritto del figlio di ottenere informazioni sulle proprie origini biologiche. Tale diritto è riconosciuto sia dalla Corte Europea dei Diritti Umani, sia da diversi Paesi europei, come l’Inghilterra e la Consulta stessa in precedenza si è orientata in questo senso».  Di fronte al problema tecnico di come sciogliere questa ambiguità il Tribunale di Bologna ha operato una scelta arbitraria: «L’ordinanza pensa di risolvere il tutto facendo prevalere la regola dell’anonimato prevista genericamente per la donazione di tessuti e cellule, normativa posta in essere quando l’eterologa era vietata, ma non è detto che un altro tribunale non possa decidere ritenendo superiore il diritto del figlio, che è di rango costituzionale ». Tale eventualità, tutt’altro che remota, porta con sé il rischio che le cliniche agiscano senza informare correttamente le coppie, precisa il civilista: «Si pone forte il problema del consenso informato per tutte le parti in causa. La legge 40 prevede che si debbano dare informazioni anche sulla disciplina giuridica del nato: i centri sono pronti ad assumersi tutte le responsabilità informando adeguatamente la coppia della possibilità riconosciuta al nascituro? E avviseranno altrettanto correttamente il donatore?».  In assenza di una normativa chiara, il figlio potrebbe un giorno richiedere di esercitare il suo diritto verso il donatore, non più anonimo, e i genitori legali potrebbero veder messo in discussione giudizialmente lo stato genitoriale. L’art. 9 della l.40, infatti, preclude solo al padre legale l’azione di disconoscimento della paternità. Infine, non si può non rilevare che le stesse associazioni che criticavano l’interventismo sanitario dei giudici nel caso Stamina, oggi applaudano le ordinanze che impongono l’eterologa. «C’è una contraddizione – conclude Andrea Nicolussi – è sorprendente come in questo caso, senza l’urgenza del pericolo immediato, si appoggi una soluzione frettolosa prima che sia stata emanata una disciplina che tuteli la salute di tutti i soggetti coinvolti».