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La strage infinita. Esplode fabbrica a Bologna: due operai morti e 11 feriti

Paolo Ferrario mercoledì 23 ottobre 2024

Vigili del fuoco nello stabilimento saltato in aria a Bologna

In fabbrica era già previsto uno sciopero per chiedere più sicurezza, ma la realtà ha tragicamente giocato d'anticipo: un violento boato ha squarciato la sera di Borgo Panigale, alle porte di Bologna. Verso le 17,20 un’esplosione ha interessato il capannone della “Toyota Material Handling”, multinazionale che si occupa di movimentazione merci. A saltare in aria è stato un compressore e lo scoppio ha fatto crollare metà della struttura del capannone. La deflagrazione ha causato la morte di due lavoratori e il ferimento di altri undici, «tutti giovanissimi», ha comunicato il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, giunto sul posto.

«Poco dopo le 17 si è sentito un gran botto, lo abbiamo sentito noi da casa, a Borgo Panigale», racconta una signora davanti allo stabilimento della Toyota Material Handling. Suo figlio e suo marito lavorano qui: il figlio era impegnato su un altro turno e quindi non era presente in fabbrica al momento dell’incidente, il marito è un delegato sindacale. L’azienda è una delle più importanti del Bolognese: occupa 850 dipendenti, con una grande espansione negli ultimi anni e produce carrelli elevatori. È un’azienda storica, che per decenni è stata nota col nome di Cesab.

A Galatina l'ennesima vittima in un cantiere

In mattinata, un operaio, Maurizio Misciali, 47 anni, è morto a Galatina, in provincia di Lecce. L’uomo è rimasto schiacciato da un camion in manovra, appena arrivato sul posto per montare l’impalcatura che sarebbe servita a effettuare dei lavori di ristrutturazione alla facciata di un edificio. I soccorritori intervenuti non hanno purtroppo potuto fare nulla per salvarlo. «Questa nuova, terribile tragedia impone a tutti i protagonisti del settore, aziende, sindacati e istituzioni, di rafforzare ulteriormente le azioni in comune per fermare la lunga scia di sangue nei cantieri – dichiarano Ada Chirizzi, segretaria generale della Cisl di Lecce, e Antonio Delle Noci, reggente della Filca salentina –. In edilizia registriamo un aumento delle vittime e degli incidenti, che provocano infortuni anche molto gravi. In provincia di Lecce si tratta in totale della dodicesima vittima dall’inizio dell’anno, come riportato dai report dell’Inail: numeri indegni di un paese civile». Della necessità «di un diverso approccio al modello di società, di economia e del fare impresa», parlano i segretari generali di Cgil e Fillea Lecce, Tommaso Moscara e Luca Toma. «Il lavoro non può, non deve essere un luogo di morte – aggiungono .–. Non possiamo accettare che, nella spasmodica ricerca del profitto, le morti sul lavoro siano considerate alla stregua di un danno collaterale». E «misure urgenti e concrete per fermare questa strage», sono chieste a gran voce dal coordinatore territoriale della Uil di Lecce, Mauro Fioretti e dal segretario della Feneal-Uil di Lecce, Salvatore Listinge.

Morto per amianto all'Ilva: giudice ordina risarcimento alla famiglia

Infine, la giudice del Lavoro del tribunale di Taranto, Giulia Viesti, ha riconosciuto il diritto a percepire la rendita ai superstiti e l’assegno funerario alla vedova di un ex dipendente Ilva morto nel dicembre 2007 per carcinoma polmonare da esposizione ad amianto. Lo riferisce Emidio Deandri, presidente nazionale dell’Anmil, aggiungendo che «il lavoratore aveva svolto la prestazione lavorativa in favore dell’Ilva sino al 29 febbraio del 1992 con qualifica di operaio e mansioni di gruista e carropontista nell’area convertitori e presso il reparto Acciaieria 1».
Secondo Deandri «la particolarità del caso risiede nel fatto che la vedova, assistita dall’Anmil Taranto a cui si è rivolta, in particolare dai legali Maria Luigia Tritto e Aldo Tarricone, ha richiesto presso la competente sede Inail il pagamento delle prestazioni, riconosciute per legge in favore dei congiunti dei lavoratori morti per infortunio o malattia professionale, solo nel 2019, a distanza di ben 12 anni dal decesso del marito».
La giudice Viesti, «superando l’eccezione di prescrizione proposta dall’Inail – osserva ancora Deandri – ha ribadito quello che ormai è un costante orientamento della Corte di Cassazione: il termine iniziale ai fini del decorso della prescrizione, non è la mera manifestazione della malattia professionale, ma il momento in cui l’esistenza della malattia ed i suoi caratteri di professionalità ed indennizzabilità siano conoscibili dal soggetto interessato».
Il presidente dell’Anmil rileva che «il percorso giudiziario ha presentato non poche difficoltà. Basti pensare che una prima relazione medica aveva escluso che il lavoratore fosse deceduto per malattia professionale, ma invece poiché ex fumatore».