Covid. Gli esclusi del vaccino, chi sono e perché
Il punto sulle vaccinazioni
Il popolo degli esclusi dalle vaccinazioni è un popolo che non si vede, ma c’è. Comprende centinaia di migliaia di persone che avrebbero già dovuto fare la profilassi, ma non l’hanno fatta. E centinaia di migliaia di persone che vorrebberro fare il vaccino, ma non possono. Bloccati in casa, dimenticati, irraggiungibili anche per autorità sanitarie volenterose.
È un popolo eterogeneo, che raccoglie le storie più disparate: chi è in prima linea ma non ha l’obbligo di vaccinarsi e può essere esentato attraverso un semplice certificato medico, come è accaduto agli Ausiliari socio-assistenziali (Asa) impiegati nelle Rsa e nelle case di cura; chi vive da solo e sconta un forte gap digitale, tale da rendergli impossibile una prenotazione con le moderne tecnologie; chi non può contare sulla possibilità di vaccinarsi da casa e non riesce a muoversi. E poi coloro che semplicemente "non esistono". «Bene occuparsi dei non iscritti al Sistema sanitario nazionale. Ma quando ci si occuperà di chi vive in strada?» si è chiesto in questi giorni l’associazione Avvocato di strada, commentando l’ordinanza con le istruzioni operative per la profilassi delle persone senza tessera sanitaria. Ci si dimentica ancora, infatti, degli "invisibili", di persone senza dimora, extracomunitari e comunitari irregolari, che non hanno residenza e non hanno accesso al sistema sanitario nazionale.
Tutto questo, ovviamente, senza contare l’altra parte del popolo degli esclusi, a partire dalle persone che non possono vaccinarsi per ragioni di salute, come chi ha patologie allergiche serie, per arrivare a chi infine si autoesclude: la platea sotterranea eppur rumorosa dei "no vax" che si fa sentire sui social e nelle piazze.
Il caso più clamoroso è sicuramente quello dei cosiddetti Asa, personale strategico perché è il più a diretto contatto con i pazienti gravi.
«Fanno tutto ciò che serve per persone che non sono autosufficienti – spiega il direttore della Fondazione Sacra Famiglia, Paolo Pigni – occupandosi della loro igiene personale, dell’alimentazione, della mobilità dei pazienti. Sono circa 100mila le figure di questo tipo escluse dall’obbligo della vaccinazione. Il problema è che la legge è scritta male, a mio parere: l’ultima modifica in Senato sul tema ha attribuito le competenze alle Regioni, ma nulla è stato risolto. Anzi: sarebbe stato molto più facile fissare l’obbligo vaccinale anche per questa categoria».
In gioco c’è la protezione di anziani, disabili e fragili che non possono essere curati a casa. «Non solo gli Asa, ma anche chi viene a contatto con loro, da chi si occupa della manutenzione delle macchine utilizzate per i percorsi riabilitativi fino a chi fa le pulizie nelle nostre strutture sanitarie» continua Pigni.
I dati diffusi proprio ieri sera dalla struttura commissariale del generale Francesco Figliuolo dicono che sono 12 le Regioni italiane che hanno somministrato almeno la prima dose al 100% del personale sanitario. Si tratta di Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Provincia autonoma di Bolzano, Piemonte, Sardegna, Toscana e Valle d’Aosta.
In tutta Italia il personale sanitario che ha ricevuto la prima dose è pari a 1.814.460, cioè il 96,19% della platea. Hanno ricevuto il richiamo 1.556.257 persone, pari all’82,50%. Sono ancora in attesa della prima dose 71.800 persone, cioè il 3,81%. Un valore basso, certo, ma da non sottovalutare visti anche i casi (rari ma certamente significativi) di opposizione al vaccino maturati qua e là tra medici e infermieri.
Intendiamoci: il sistema messo a punto dal commissario all’Emergenza, Francesco Figliuolo, cerca il più possibile di essere inclusivo e aperto a tutti. Eppure, soprattutto sui più fragili e sugli anziani resta ancora molto da fare. È stato lo stesso Figliuolo a riconoscerlo ieri, spiegando che «il focus nazionale rimane sugli over 80, visto che ne mancano ancora molti all’appello». Il popolo degli esclusi va raggiunto al più presto, usando tutte le risorse disponibili.