Attualità

Il caso Fontana e la razza. Errare è umano, perseverare è (grossolanamente) diabolico

Avvenire mercoledì 17 gennaio 2018

L’esordio da candidato presidente del centrodestra di una Regione grande, importante e civile come la Lombardia non era stato dei migliori. Anzi... Ma ieri Attilio Fontana non è riuscito a restare sulle pur timide scuse pronunciate lunedì sera per le parole scagliate il giorno prima dai microfoni di Radio Padania: la «nostra etnia» e la «nostra razza bianca» a rischio estinzione a causa dell’immigrazione. No, l’esponente della Lega non ce l’ha fatta.

E ieri, forse dopo aver letto qualche foglio che lo difendeva utilizzando argomentazioni che "a caldo" nemmeno lui era arrivato a imbastire, se n’è uscito con la storia che «la Costituzione è la prima a dire che esistono le razze». Fa finta di non sapere, Fontana (sarebbe grave se non lo sapesse davvero), che tra il 1946 e il 1947, quando la Carta fu scritta, negli occhi e nel cuore dei costituenti c’era la tragedia delle leggi razziali e della deportazione di tanti italiani di religione ebraica nei campi di sterminio nazisti. Dall’entrata in vigore di quelle leggi sciagurate erano trascorsi appena otto anni. E inserire all’art. 3 della Costituzione l’uguaglianza «senza distinzione di razza» equivaleva a scrivere 'mai più'. Perciò se errare è umano, qui perseverare è (grossolanamente) diabolico. In senso letterale, portatore di maligna divisione tra ciò che diviso non deve essere.