Attualità

Cicloturismo. Quando la bicicletta (ri)diventa Eroica

Andrea Garnero lunedì 8 ottobre 2018

Un'immagine dell'edizione 2018 dell'Eroica di Gaiole in Chianti (Guido Rubino)

Fango e sudore sui pedali. Una corsa avventurosa, originale, unica su strade bianche silenziose, ghiaiose, sassose e contadine. Dove per un giorno sono tutti eroi “soli al comando”: c’è il “Campionissimo” Girardengo, il “Trombettiere di Cittiglio” Binda, il “Leone delle Fiandre” Magni, il “Cannibale” Merckx, il “Ginettaccio” Bartali e l’”Airone” Coppi. Ieri, oggi e domani, eroi in fuga su e giù per le colline del Senese in una corsa che non è una gara perché al traguardo non c’è alcuna classifica.

Questo e tanto altro è l’Eroica di Gaiole in Chianti, la cicloturistica per eccellenza degli amanti della bicicletta andata in scena domenica 7 ottobre. Un mito che da bianconero è diventato nel corso degli anni ormai a colori. Cappellino con visiera, casco danese di pelle, maglia attillata rigorosamente di lana, scarpini di cuoio con fermapunte, guantini, tubolari, numero legato alla bicicletta con spago e attaccato sulla schiena con quattro piccole spille da balia. Oltre 7mila eroici si sono dati appuntamento in Toscana per sfidare tutti insieme sassi, buche, polvere, terra, sete, caldo, freddo e stanchezza.

Una presentazione dell'Eroica:

 

«Quest’anno abbiamo terminato i numeri di gara», ha affermato l’ideatore Giancarlo Brocci. Un terzo degli iscritti è venuto addirittura da oltreconfine. Chi per la prima volta, chi ormai per tradizione. Gli stranieri più numerosi sono stati i tedeschi che sfondando il muro dei 600 partecipanti hanno doppiato quasi inglesi e svizzeri. Subito dopo si sono piazzati gli statunitensi che hanno preceduto francesi e polacchi. Dai Paesi più lontani sono arrivati 100 tra australiani e canadesi, 15 ciclisti dal Brasile, 10 dal Giappone, sette da Argentina e Messico.

«Dal 1997 l’Eroica è diventata sempre più un esempio per valorizzare un ciclismo pulito che, guardando al passato, insegna come deve essere un bel futuro», ha aggiunto Brocci. «La gente ha esigenza di riscoprire l’autenticità, le radici del ciclismo; niente esibizionismo ma fatica e gioia vera».

Una kermesse che non è solo incontro, passione, sorrisi, raduno di collezionisti, rivisitazione storica ed entusiasmo multilingue ma anche epica della fatica e soprattutto della nostalgia. Per partecipare, infatti, bisogna presentarsi al via con una bicicletta costruita fino al 1987, anno importante perché cambiarono tre cose non mondo delle biciclette da corsa: i fermapiedi sono stati sostituiti dai pedali a sgancio rapido, i fili dei freni da esterni sono stati inseriti nel telaio e le leve del cambio dal tubo obliquo sono state spostate sul manubrio.

 

Cinque i percorsi: 32 chilometri di cui cinque su strade bianche (il più semplice e novità del 2018), 46km, 78km (con dislivello di 1.500 metri), 130km e il più estremo di 209km. Percorsi che per il responsabile dell’organizzazione degli eventi Eroica in Italia, Alberto Gnoli «rappresentano gli scenari sui quali gli eroici realizzano le proprie gesta mai fatte di competizione o agonismo ma di bellezza della fatica e gusto dell’impresa».

L’edizione 2018 è stata la seconda senza Luciano Berruti, stroncato da un malore ad agosto dell’anno scorso. Eppure, soffermandosi un attimo tra una discesa e un’altra, si poteva intravvedere in lontananza la sagoma del testimone e interprete del ciclismo eroico, con quei baffi curati e perfetti, quel colpo di pedale sempre potente e quell’aspetto che faceva venir voglia di pedalare nel passato. Perché c’è chi pedala verso un traguardo e chi nella storia.

Un po' di storia dell'Eroica: