Attualità

ROMAGNA. L’eremita che sfama anche i lupi

Quinto Cappelli lunedì 13 febbraio 2012
L’eremita di Sant’Alberico, il medievale eremo a 1.240 metri d’altezza sul Monte Fumaiolo, da cui nasce il Tevere, si trova isolato da settimane sotto due metri di neve, «in alcuni punti anche quattro metri». Racconta per telefono fra’ Michele Falzone, 50 anni, da Sei eremita del Monte Fumaiolo, dopo una vita attiva in giro per conventi francescani di tutto il mondo: «L’unica persona che ho visto in queste due settimane è stato un giovane vigile del fuoco di Badia Tedalda, che mi ha portato un pezzo di ricambio della caldaia per il riscaldamento a legna. Per il resto mi fanno compagnia Neve, la cagna San Bernardo, e la gatta Morgana». L’eremita non è san Francesco, ma pur sempre un suo seguace «e in questi giorni di bufera di neve anche i lupi si avvicinano all’eremo e io do loro da mangiare».Computer e telefono sono le sole due vie di comunicazione, «ma la corrente elettrica in questi giorni va e viene, perché cadono alberi lungo la linea». Dal paese di Capanne, distante tre chilometri, solo a piedi, e abitato da 20 persone d’inverno e 200 d’estate, sono arrivate proposte dagli abitanti e dal parroco, l’87enne don Berardo Casini: «Padre, venga giù da noi. Se le dovesse capitare qualcosa, la troveremo morto alla fine dell’inverno». Ride l’eremita e risponde: «Abbandonare l’eremo sarebbe come abbandonare Dio. La mia è stata una scelta di vita, cui voglio restare fedele». Qual è allora la giornata di un eremita sotto vari metri di neve? «Preghiera, lavoro e studio. Ma in questi giorni lo studio salta, perché devo spalare montagne di neve solo per andare nella legnaia a prendere la legna o per aprire una pista attorno all’eremo. Quando spalo tutto il giorno, la sera sono distrutto dalla fatica».D’estate all’eremo, conosciuto non solo nella diocesi locale di Cesena-Sarsina ma anche altrove, arriva gente da tutta Italia per condividere la vita eremitica. Però con tanta neve potrebbero passare anche mesi senza alcuna visita e senza che l’eremita possa andare in paese, neppure a messa la domenica a Capanne. Non pesano solitudine e silenzio? «L’eremita sceglie di vivere totalmente col Signore, nella santa solitudine e nel chiassoso silenzio di Dio, perché qual è la prima cosa che Dio ha fatto con noi? Ci ha parlato. Ecco allora la mia giornata: meditare la Parola di Dio, pregarlo nell’adorazione dell’eucaristia, invocarlo nella riconciliazione». Paura di stare da solo? «La solitudine è una condizione interiore non esteriore. Chi è con Dio non è mai solo, anche sotto tre o quattro metri di neve. Ci sono tante persone che vivono nel caos della città e sono sole, perché senza Dio». Originario di Cattolica, in provincia di Rimini, fra’ Michele è entrato nei frati minori francescani dell’Emilia Romagna a 22 anni, «affascinato dal Poverello di Assisi e da padre Ernesto Caroli, fondatore dell’Antoniano di Bologna». È vissuto in vari conventi italiani e poi in Papua Nuova Guinea, Australia, Stati Uniti (insieme agli indiani d’America), a Bologna presso l’Antoniano e l’Opera padre Marella, «chiedendo l’elemosina come il fondatore agli angoli delle strade del capoluogo emiliano». Poi sei anni fa è arrivata la scelta eremitica, «che condivido con la diocesi di Cesena-Sarsina e col suo vescovo Douglas Regattieri».