La cittadinanza onoraria a Beppino Englaro «non costituisce lo strumento più opportuno per intervenire in così alte questioni » . Lo ha ribadito ieri l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, rispondendo alla lettera ricevuta sabato 14 marzo dal presidente del Consiglio comuna-le, Eros Cruccolini. In essa si rivendicava la sovranità dell’Assemblea fiorentina e si criticava la presa di posizione della Chiesa locale avvenuta in due momenti: dapprima con un comunicato diffuso dall’ufficio stampa della diocesi subito dopo la votazione a maggioranza ( 22 favorevoli, 16 contrari, 3 astenuti) del riconoscimento al padre di Eluana, lunedì 9 marzo, e poi, il giorno dopo, per bocca dello stesso Betori durante l’omelia della Messa all’ospedale fiorentino di Torregalli. Nella prima circostanza, la diocesi aveva parlato di «sciagurata delibera » che offendeva soprattutto « i genitori, i fratelli, gli amici e i gruppi di volontari che si stringono attorno ai loro oltre 2500 cari che vivono in situazioni similari a quelle da cui è stata strappata a forza Eluana Englaro». Nella seconda circostanza, l’arcivescovo di Firenze aveva indicato nell’ « allontanamento da Dio » la spiegazione di «come una città da sempre attestata sui fronti dell’assistenza e del farsi carico della persona umana, abbia potuto subire un affronto che ne vorrebbe smentire la natura. Ma siamo fiduciosi – aggiungeva Betori – che ciò che possono aver pensato alcuni rappresentanti del popolo non potrà mai essere da questo stesso popolo accettato nel suo sinistro significato di esaltazione dell’abbandono della vita invece della sua cura. Affrontare questi temi non costituisce da parte nostra una invasione di campo nello spazio propriamente politico, ma difendere qui, come in tutti gli spazi della vita, valori fondamentali come la dignità della persona umana, il bene comune, la concordia e l’unità di una città». «Il consiglio è sovrano e in piena libertà i suoi membri hanno deciso – aveva replicato Cruccolini –. Ciascuno ha il diritto di giudicare tale scelta e di considerarla inopportuna e di non condividerla, ma è una scelta fatta dai rappresentanti eletti dalla città a maggioranza e quindi è una scelta che deve essere rispettata in quanto risultato di un chiaro percorso istituzionale, che ribadisce il valore della laicità delle istituzioni. È importante ribadire quanto sia fondamentale nella vita democratica il confronto delle idee, ma nel rispetto dei ruoli e delle reciproche autonomie; quindi, l’espressione sovrana del Consiglio e delle sue decisioni, ancorché prese a maggioranza, non possono che essere considerate come l’espressione della volontà della città. Si può non essere d’accordo con esse, ma mai possono essere considerate negative». La lettera del presidente del Consiglio comunale ha offerto a Betori, come accennato, l’occasione per ribadire il ruolo che lui «personalmente e come Chiesa fiorentina » riconosce «alle istituzioni comunali e ai loro membri a servizio della convivenza civica». Tuttavia, «proprio per la doverosa dedizione e sollecitudine sociale» che nutre «verso la città, i suoi abitanti e le sue istituzioni», resta viva nell’arcivescovo « la convinzione che il suddetto provvedimento non costituisca lo strumento più opportuno per intervenire in così alte questioni, incida negativamente sulla concordia della città e possa essere interpretato come un gesto che sembra disattendere le ragioni e le sofferenze di quanti hanno fatto e continuano a fare scelte diverse da quella del signor Englaro. Quanto alla natura del mio intervento – conclude Betori – ritengo che proprio l’amore per questa città possa esigere che un vescovo, in coscienza, debba esprimere, se necessario, come nel caso presente, un dissenso di fronte a una decisione, senz’altro legittima, ma che, non perché presa da una maggioranza, può essere per questo sicuramente positiva e interprete di una città intera. L’ampio e variegato dibattito che ha accompagnato l’intera vicenda ne è testimonianza ». L’arcivescovo Giuseppe Betori