Centoventimila sono gli abitanti di una città come Siracusa o Pescara. Altrettanti sono gli italiani che negli ultimi 10 anni erano destinati a morte certa e invece si sono salvati:
bambini che dovevano essere abortiti, ma che grazie ai Centri di aiuto alla Vita (Cav) sono nati. Una lotta contro i mulini a vento, se la si guarda dalla parte sbagliata, cioè quella di un aborto che avviene ogni 25 secondi nel mondo, ma
i volontari del Movimento per la Vita (Mpv) si ostinano a guardarla dalla parte giusta, quella di 1 bambino che ogni 2 minuti riesce a scamparla e a vedere la luce grazie al loro aiuto. Silenzioso e concreto. Tanto da attrarre, in tempi non proprio favorevoli, forze giovani pronte a mettersi in gioco dalla parte della vita. «Di questi temi non mi interessavo proprio – racconta Matteo Cioè, 24 anni, responsabile giovani del Mpv del Lazio, anche lui a Bibione per il 36° Convegno nazionale dei Cav –, poi ho conosciuto 'Uno di noi', la raccolta di firme a livello europeo per i diritti del concepito, e mi sono reso conto che davvero l’embrione è già un essere umano. Da quel momento ho capito che non si può restare inerti e questa realtà mi ha assorbito totalmente». Non è facile parlarne con i coetanei, ma l’esperienza nelle scuole dove va a presentare i progetti è positiva, «bisogna avere argomenti e chiavi di comunicazione». Sono entrati in questo mondo quasi per scherzo Marina Manfré, 29 anni, e il marito Giovanni Buoso, 35, oggi presidente del Cav di Legnago ( Verona): «Un amico ci aveva chiesto, appena sposati, di diventare per un anno la 'coppia di riferimento' di due appartamenti in cui il Cav ospitava donne dalla maternità difficile – raccontano, in braccio il loro piccolo Alberto di 9 mesi –, praticamente dovevamo solo essere buoni vicini di casa. In realtà ci siamo trovati persino in sala parto con loro e siamo rimasti catturati per sempre». Era il 2010, da allora il loro Cav ha salvato dall’aborto 60 bambini. Galeotto può essere anche il servizio civile, che ha 'incastrato' Chiara Costantini, 22 anni, Alice Bellinello, 23, e Luana Zandon, 27, veronesi. Chiara lo ha appena terminato ed è al terzo anno di Scienze dell’Educazione: «Credevo di dover soddisfare bisogni materiali come latte, pannolini, omogeneizzati, in realtà ho scoperto che queste famiglie chiedono di essere ascoltate, spesso non hanno davvero nessuno intorno. Mi si è aperto un mondo». Lo stesso che entusiasma Alice, ancora attiva nel servizio civile e già certa che dopo continuerà il volontariato nel Movimento per la Vita. «Ero alle medie, quando dal Cav vennero a sensibilizzarci su questi temi – ricorda – e già allora rimasi colpita'. Giovanna Sadda, sarda, e Tony Persico, abruzzese, tengono in braccio Gabriele, 3 mesi. Oggi sono sposi, ma il loro destino era comune già quando ancora non lo sapevano: «Sono diventata volontaria del Cav a 18 anni, grazie al fatto che ho vinto il Concorso scolastico europeo del Movimento per la Vita, di cui allora non sapevo nulla, ma il cui premio era un viaggio a Strasburgo, al Parlamento Europeo, dove i giovani di tutti i Paesi simulavano in Aula l’emendamento a una legge. Quell’anno toccò proprio alla legge sull’aborto». Un gioco di ruolo, in fondo, eppure sufficiente a incendiare la 18enne: «Decisi che il diritto più calpestato al mondo era quello dell’embrione». Lo stesso accadeva al futuro marito, identiche tappe, solo che si sono conosciuti sette anni dopo e oggi Giovanna è responsabile comunicazione dell’équipe dei giovani e di Facebook nel Gruppo nazionale, Tony lavora al ministero dell’Economia ed è membro del direttivo nazionale. Giorgia Messetti, 16 anni, viene dal Lago di Garda: «Volevo fare del bene – prova a spiegare semplicemente – e al Cav c’era bisogno. Sono giovane per i colloqui con le donne, così do una mano nella logistica, almeno sto già nel mondo del volontariato, perché dopo la maturità farò l’educatrice in comunità per ragazzi con problemi comportamentali. Gli amici? Difficile coinvolgerli, queste cose le devi volere dentro». Eppure Emanuela Spada, 16 anni, è qui per lei: «Mi ha convinta. Già l’anno scorso uno stage scuola-lavoro in una struttura per adulti con disabilità mi ha fatto decidere che aiutare il prossimo sarà la mia professione». Lo è già per Giusy Boateng, 28 anni, cognome importante per i tifosi di calcio - sorride - e una laurea presa tra Padova e Venezia. Figlia di immigrati 30 anni fa dall’Africa, è nata in Veneto e presto si sposerà con il fidanzato italo-ghanese ferroviere a Mantova. Intanto si occupa della salute delle donne come assistente sociale al Cav diocesano di Verona. Il suo 'successo'? «Giulio, un anno di vita. Sua mamma, una ragazza rumena sola, minacciata di licenziamento dal datore di lavoro, era decisa ad abortire. Il lavoro lo ha perso, ma mi ringrazia ogni giorno».