Regionali. Tutto sul voto in Emilia Romagna e Umbria: i candidati e le partite aperte
Nel weekend si vota per le regionali in Emilia Romagna e Umbria
Domenica e lunedì si vota per il rinnovo dei governatori in due regioni italiane: Emilia Romagna e Umbria. Un altro test sulla tenuta della maggioranza e sulla forza delle alleanze sul fronte delle opposizioni, dopo quello che è avvenuto in Liguria, ma anche due partite locali tutte legate alla situazione specifica dei due territori.
Emilia, la roccaforte rossa: la preside sfida il sindaco dell'alluvione
Quando tira una brutta aria nel centrosinistra arriva l’Emilia Romagna che promette, in base a precedenti univoci, di ridare un po’ di respiro. Urne aperte domenica e lunedì, la contesa nella Regione simbolo delle giunte “rosse”, fortino inespugnabile della sinistra, costò cara l’ultima volta a un Matteo Salvini con il vento in poppa che propose, e un po’ impose, la fedelissima Lucia Borgonzoni. La vittoria eclatante di Stefano Bonaccini segnò l’inizio della parabola discendente per il leader della Lega che lo era in quel momento anche della coalizione. Sul fronte opposto l’esito elettorale sembrò aprire la strada, invece, a un gran futuro per il riconfermato governatore Stefano Bonaccini, che invece - contro i pronostici - si è poi ritrovato battuto dall’avversaria che aveva in casa, ossia la vice Elly Schlein.
Ci sarebbero stati tutti gli ingredienti per collocare questa sfida come test nazionale e invece centrodestra e centrosinistra scelgono entrambe, in diverso modo, la via del pragmatismo locale. Con quella stranissima contesa alle spalle, fra l’ex presidente della Regione (dimessosi dopo l’elezione a Strasburgo)e la sua vice, il Pd rimescola le carte e punta su un amministratore locale della periferia colpita dall’alluvione di un anno e mezzo fa, premiando con la candidatura del sindaco di Ravenna (e presidente della Provincia) Michele de Pascale una comunità locale che si è data da fare nella tragedia. Una vita segnata dagli incidenti stradali, la sua. Ribaltatosi con l’auto per un colpo di sonno, 13 anni fa, e scampato per miracolo, De Pascale si trovò sindaco della sua città, nel 2015, prendendo il posto all’ultimo momento del candidato Enrico Liverani, morto invece in un incidente stradale.
Sul fronte opposto, il centrodestra evitando di ripetere l’errore del 2020 e senza stare a vedere a chi toccasse, stavolta, indicare il nome, ha colto al volo, compatto e senza esitazioni, la discesa in campo di Elena Ugolini (ex sottosegrertaria del governo Monti, con una lunga militanza in Comunione e Liberazione, preside di una paritaria di grande tradizione a Bologna, come il liceo Malpighi) che con il suo progetto civico propone una svolta “sussidiaria” in una regione simbolo della politica di sinistra. Evidente il tentativo di ripetere l’unica sorpresa che si ricordi da quelle parti, quando il centrodestra, con il “commerciante” indipendente Giorgio Guazzaloca riuscì (nel lontano 1999) a vincere la contesa al Comune di Bologna, che sembrava altrettanto inespugnabile.
In piena campagna elettorale la nuova alluvione che ha colpito Bologna, Modena e Reggio Emilia, ha reso centrale - più di quanto non lo fosse già - il tema del dissesto idrogeologico e della prevenzione. De Pascale ha aperto il fuoco contro Nello Musumeci, dopo che il titolare della Protezione civile aveva accusato l’Emilia Romagna di non aver speso i soldi messi a disposizione. Il limitato e tardivo utilizzo dei fondi è un fatto, ma la contesa esplode sulle colpe dei ritardi, e sui soldi che ancora servono, DePascale parla di 4 miliardi e mezzo. Nella polemica è stata tirata in ballo anche l’attuale segretaria del Pd, per gli incarichi che deteneva in Regione, peraltro non direttamente collegati né alla prevenzione.
C’è poi una polemica sui fondi per la sanità, il centrosinistra lancia l’allarme per i tagli in arrivo, il centrodestra denuncia invece il troppo costoso il modello emiliano, basato essenzialmente sulla medicina pubblica, che assorbe da solo oltre il 70% del bilancio regionale. Ma dentro alla gestione della sanità ci sono anche i temi sensibili del fine vita e soprattutto dell’aborto. Ha fatto discutere la decisione, assunta con un mero atto amministrativo, di rendere disponibile a domicilio la pillola abortiva RU 486, il cui utilizzo era stato esteso dall’Aifa fino a 9 settimane di gestazione compiute. Le associazioni pro life hanno denunciato il passaggio a una sorta di aborto fai-da-te, contro le regole della stessa 194, ma il presidente uscente e anche il candidato del centrosinistra negano, assicurando che non viene aggirato il percorso previsto, e il coinvolgimento dei consultori.
Ugolini ha espresso con nettezza la sua contrarietà alla gestione meramente amministrativa della questione, restando però sul piano scientifico e giuridico, evitando cioè di cavalcare strumentalmente la questione a mo’ di guerra di religione. Sull’immigrazione la candidata di centrodestra ha dato molto spazio all’accoglienza, all’integrazione, alla formazione e all’inserimento lavorativo, puntando anche su questo al coinvolgimento dell’associazionismo. La crisi si fa sentire anche nella ricca Emilia-Romagna, il modello di welfare della sinistra fa fatica a tenere anche nella “roccaforte”. La contesa coinvolge quindi anche le politiche attive per il lavoro, la formazione e le politiche per la casa, a favore soprattutto delle giovani coppie, in una Regione che sorpassa, nella denatalità, anche le avvilenti statistiche nazionali.
Centrodestra e centrosinistra si presentano compatti. Con De Pascale sono schierati Pd, M5s e Avs, ma anche +Europa e Azione, oltre una sessantina di liste civiche, e anche Italia viva sia pur senza una sua lista col simbolo. Mentre con Ugolini sono schierate, oltre alle civiche collegate al suo progetto, tutte le componenti della maggioranza di governo, da Fdi a Noi Moderati.
Fra le due corazzate cercano spazio Federico Serra, espressione di Potere al Popolo, Pci e Rifondazione comunista che punta tutto sul lavoro dignitoso e sull’emergenza casa; e Luca Teodori che punta invece sulla sovranità monetaria e la libertà vaccinale.
Il giorno dopo, per De Pascale, ma anche per Ugolini se vincerà lei, si porrà il non facile problema della composizione della Giunta. Tema tabù, al momento, di cui i candidati preferiscono non parlare, impegnati come sono a tenere dentro tutti, per cercare di portare a casa la vittoria.
Umbria, la sfida decisiva è tra due donne
Una partita tutta da giocare quella per l’Umbria. Il 17 e 18 novembre i cittadini del cuore verde d’Italia sono chiamati (assieme a quelli dell’Emilia-Romagna) a rinnovare i vertici della Regione. A sfidarsi saranno nove candidati, ma la battaglia vera e propria si concentrerà tra due donne: la governatrice uscente, la leghista Donatella Tesei, che ha dietro il sostegno dell’intero centrodestra (a cui si è aggregato con la sua Alternativa Popolare il sindaco di Terni, Stefano Bandecchi), e la sindaca di Assisi Stefania Proietti, proveniente dal mondo civico cattolico, che ha convogliato tutte le forze di minoranza, oltre al sostegno di diverse liste della società civile e della Cgil. Un testa a testa al femminile, che per il Pd ha il sapore della rivincita, dopo la sconfitta in Liguria di Andrea Orlando e dopo quella di 5 anni fa, quando proprio l’Umbria fu il primo laboratorio di “campo largo” attorno a Vincenzo Bianconi, però sconfitto appunto da Tesei. Considerando che negli stessi giorni si voterà anche per la regione lasciata orfana dal presidente del Pd, Stefano Bonaccini (passato all’Europarlamento), si comprende come questo sarà ancora un test politico di rilevanza nazionale.
Nella regione si stanno alternando da tempo ormai i leader dei partiti, in attesa delle battute finali, dove potrebbe replicarsi nuovamente la foto di famiglia della coalizione di Giorgia Meloni, sempre compatta anche a fronte di divergenze e dissapori interni. Mentre si potrebbe assistere a un comizio conclusivo in solitaria o con leader alternati sul palco nel caso di Proietti, come già avvenuto in altre occasioni per il centrosinistra che non si struttura, se non per singole tornate elettorali. Molto attiva, a riprova del peso che il Pd dà a questa consultazione, è soprattutto Elly Schlein, ancora ieri in giro tra Foligno, Gualdo Cattaneo ed Amelia.
Ma è in entrambi gli schieramenti che emergono nervosismi. La scelta di campo nel centrodestra di Bandecchi (con tanto di video divenuto “virale” con lui che solleva un apecar) non è stata gradita da tutti. Accolta per evitare rischi (l’alternativa era averlo in corsa come candidato governatore) e con il pragmatismo che muove da sempre la coalizione meloniana, l’idea di dare una casa stabile al centro mobile di Alternativa popolare (o almeno così lo aveva concepito Bandecchi) ha fatto ingoiare qualche rospo a FdI, sebbene l’ex presidente della Ternana calcio provenga proprio dalla destra missina (con un passaggio successivo in Forza Italia). A livello locale, sono diversi i “fratelli d’Italia” che ne avrebbero fatto volentieri a meno. Di certo si tratta di una presenza ingombrante e di rottura, anche perché il sindaco di Terni non ama passare inosservato e non passa senza lasciare traccia. Ed è certamente FdI il partito più insoddisfatto della coalizione di governo. Con il suo scarto non indifferente rispetto agli alleati, Meloni ancora fa difficoltà a imporsi nella scelta dei candidati governatori e anche nella piccola regione cuore della Penisola dopo le iniziali pretese (per questo la candidatura-bis della Tesei era stata in bilico) ha ceduto alla Lega, che ha chiesto il secondo mandato per la sua rappresentante.
Considerato lo scarso margine che ha confermato al centrodestra la Liguria con Bucci, di certo la caccia ai voti può dare un senso all’alleanza. Tesei si accinge dunque a chiedere il bis, ma non sono pochi gli umbri delusi dalla sua gestione. Negli ultimi sondaggi, tra le questioni irrisolte della governatrice uscente spiccano soprattutto la sanità, tema protagonista di questa campagna elettorale e quasi una rivalsa per il centrosinistra, che proprio per un’inchiesta legata a questo capitolo vide cadere la “giunta rossa” nel 2019; poi scuola, sicurezza e sostegni alle famiglie. Secondo Forza Italia, Tesei ha bisogno di un nuovo mandato per completare il lavoro avviato. Su Tesei si è addensata una nuvola pochi giorni fa, diradatasi però in fretta e senza traumi. La presidente umbra e la sua assessora Paola Agabiti Urbani sono state indagate per abuso d’ufficio in merito al finanziamento regionale dell’azienda vicina all’assessora in cui lavora il figlio di Tesei, nell’ambito dei fondi del Piano di sviluppo rurale, ma l’indagine è stata archiviata poiché il reato è stato abrogato. Una vicenda che però non ha turbato affatto Tesei e la sua giunta.
I sondaggi sembrano premiare comunque la scelta di Tesei, sebbene per Proietti si stia mobilitando anche il mondo del civismo locale, molto attivo in Umbria. La coalizione messa in piedi per l’occasione vede ancora Pd, M5s e Avs, con +Europa, Socialisti e Azione e Iv, oltre alle liste che sostengono la sindaca della città di San Francesco. La segretaria del Pd si sta spendendo molto per tenere a freno le polemiche tra gli alleati, che finirebbero per danneggiare la candidata e sferrare il colpo di grazia sul Nazareno, dove a fine estate aleggiava la certezza di una vittoria per 3 a 0 tra Liguria, Emilia e Umbria, ridimensionata proprio a causa delle polemiche tra 5 stelle e Renzi.
Elly Schlein evita di parlare di unità, ma insiste sulla costruzione di un’alternativa a questa idea di società della destra dalle false promesse. Perciò, insiste la segretaria dem, «continueremo ostinatamente a dare tutto il nostro impegno per costruire un modello diverso, un’idea diversa di società». In questo progetto, la scelta di Proietti sembra essere vincente o se non altro in grado di unire le tante anime che si muovono al di fuori del centrodestra. Per la candidata civica si è mossa dalla Sardegna anche la governatrice Alessandra Todde. Meno entusiasmo arriva invece da Giuseppe Conte, alle prese con la trasformazione del Movimento di Grillo in un soggetto a sua immagine, che – rimarca – non ha alcun interesse ad «un’alleanza organica con il Pd». Nessuna coalizione stabile, come chiesto da Schlein, dunque. Ma, volta per volta, battaglie comuni. Se può bastare all’Umbria, lo si capirà a breve.