Attualità

Emergenza. In Italia due adolescenti su cinque vivono da “lupi solitari”

Nicoletta Martinelli mercoledì 29 gennaio 2025
Sempre più ragazzi vivono isolati

Sempre più ragazzi vivono isolati

Prendete un adolescente che non riesce a instaurare relazioni sociali soddisfacenti né in famiglia – magari una di quelle disfunzionali – e tanto meno fuori; un ragazzo che ha avuto a che fare con i bulli o con i ciberbulli, che ha poca stima di sé perché non ha il profilo della persona di successo richiesto dalla nostra società dell’apparenza e neppure il suo specchio riflette un’immagine all’altezza dello standard: ecco, da questa miscela esplosiva di ingredienti ha origine il candidato ideale al ritiro sociale, all’isolamento volontario e prolungato. Sono più di quanti si immagini, questi adolescenti a rischio, che una ricerca fresca di stampa su Scientific-report chiama “lupi solitari”: poca relazione, molta connessione, troppi social. Più che triplicati in tre anni, passati dal 15 al 39,4%, in pratica due su cinque, come dettaglia il lavoro condotto dal Musa, il gruppo di ricerca sui “Mutamenti sociali, valutazione e metodi” del Cnr di Roma: autori Antonio Tintori, Loredana Cerbera e Giulia Ciancimino, in collaborazione con Gianni Corsetti dell’Istat.La ricerca si è basata su due lavori trasversali effettuati dal gruppo nel 2019 e nel 2022 su 3.272 studenti di scuole superiori e su 4.288 adolescenti rappresentativi a livello nazionale, tutti con un’età compresa tra i 14 e i 19 anni.

Nei lupi solitari la tendenza al ritiro sociale è accentuata ma lo è ancora di più in un sottogruppo individuato al loro interno: è composto da adolescenti che incontrano i loro coetanei solo al scuola e per il resto li evitano. Il loro numero è quasi raddoppiato dopo la pandemia: erano il 5,6% degli adolescenti nel 2019, nel 2022 passati al 9,7%. «L’ipotesi – spiega Antonio Tintori, tra gli autori della ricerca – è che con il trascorrere del tempo questi soggetti si distacchino anche dalle relazioni virtuali, da quella connessione costante che ha indotto il loro isolamento. Si approssimano così a entrare nella categoria degli hikikomori». Un fenomeno non nuovo che definisce una forma acuta di esilio volontario dal mondo che si è diffusa in Giappone a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, studiata dallo psichiatra Tamaki Saito che le diede anche il nome. «Non è questa, ancora, la condizione di quel 10% di ragazzi. A salvarli – prosegue Tintori – è l’obbligo alla frequenza scolastica, almeno fino a 16 anni. Cosa succederà dopo non possiamo ancora dirlo. Dal prossimo 3 febbraio e per cinque anni seguiremo quattromila adolescenti, un’indagine enorme, che si chiama “Mutamenti interazionali e benessere” per indagare e comprendere meglio i fattori che conducono all’autoisolamento». E nell’era della generazione Betha, la prima che vivrà fianco a fianco con l’intelligenza artificiale fin dalla culla, non è possibile che proprio le sempre più strette interazioni con l’AI – di cui ci si può anche innamorare (è successo alla 28enne Ayrin, come ha raccontato recentemente il New York Times) – finiscano per esarcerbare il problema, rendendo ancora più desiderabile isolarsi dagli umani? «E chi lo può dire? È probabile che presto esisteranno studi in proposito ma fino ad allora siamo nel campo delle ipotesi. Certo è – prosegue Tintori – che se un ragazzo sperimenta più empatia mettendosi in relazione con ChatGpt... Il problema lo abbiamo noi adulti e riguarda la nostra capacità di relazione più che quella dei nostri figli».