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Il progetto. La sfida di Francesco: «Appartamenti per gli ultimi di Roma»

Antonio Maria Mira venerdì 24 maggio 2024

«Papa Francesco ha una grande attenzione alla povertà abitativa di Roma, della sua diocesi e vuole che la Chiesa si impegni con un proprio progetto». Lo spiega monsignor Baldo Reina, vicegerente della diocesi. Un progetto che Francesco sosterrà presto in modo concreto, come ha comunicato al Consiglio episcopale, per dare un segno di speranza in occasione del Giubileo. L’occasione per parlarne è stata la presentazione del progetto di housing sociale della Caritas diocesana intitolato a don Roberto Sardelli, sacerdote che, negli anni ‘70, visse con i “baraccati” dell’Acquedotto Felice, impegnandosi per la promozione del diritto all’istruzione e del diritto all’abitare in un ambiente adeguato e salubre.

E proprio questo vuole essere il progetto che, come ci spiega il responsabile Luca Murdocca della Caritas, è partito a gennaio e per ora prevede 11 appartamenti, 7 già operativi e 4 entro i prossimi mesi. Ospitano 7 nuclei familiari e 7 adulti, per metà immigrati, età media oltre i 40 anni, provenienti da percorsi protetti e dai circuiti dell’accoglienza. Un primo passo, con l’obiettivo di arrivare a cento appartamenti nei prossimi tre anni.

Un progetto che nasce da un primo fondo, realizzato con la vendita di una piccola casa di don Sardelli, morto nel 2019, nel suo paese di Pontecorvo (Frosinone), secondo la sua volontà di destinare il ricavato proprio all’emergenza abitativa. Che a Roma è gravissima: 8mila persone senza dimora che vivono per strada, 15mila in attesa di ricevere un alloggio di edilizia pubblica e circa 20mila iscritte all’anagrafe comunale della residenza fittizia. A questa situazione si aggiungono i 3.945 sfratti per morosità emessi nel 2021 (ultimo dato disponibile) e ben 600 eseguiti nello stesso anno, ossia una media di circa 2 sfratti al giorno. Vi sono poi gli stabili occupati (29 in tutto) da persone e famiglie che provengono da sfratti degli anni passati o che hanno incontrato difficoltà nel proprio percorso di inclusione sociale, molte delle quali presentano fragilità personali e familiari. Nel 2018 è stato effettuato un censimento parziale degli occupanti (solo in 13 immobili su 29) da cui è emerso che vi sono circa 1.300 persone, tra le quali molti minori e anziani.

Sempre Murdocca ricorda che «mentre a Torino il tempo medio per ottenere una casa popolare è di 18 mesi, a Roma parliamo di anni, col record di una famiglia che sta aspettando dal 2019». E le famiglie le ricorda anche monsignor Reina. «Il Vangelo inizia con una famiglia che non trova casa. E questo accade anche a tante famiglie romane, ma anche a migliaia di giovani che vengono a Roma per studiare, non trovano casa e devono tornare nei loro Paesi. Noi come Chiesa non abbiamo soluzioni in tasca, vogliamo però immaginare percorsi e creare sensibilità». E sottolinea come, in alcune zone della città, il 40% delle famiglie che hanno una casa sono composte da una persona sola «a fronte di tante famiglie senza casa. Così a Roma oggi si muore da soli o si muore senza casa». Per questo il progetto diocesano non vuole essere solo l’offerta di una casa. «Non casa come premio ma come percorso», spiega Murdocca. E il direttore della Caritas, Giustino Trincia, sottolinea come il progetto «vuole promuovere la testimonianza della carità abitativa nelle comunità parrocchiali e religiose e nella città di Roma, responsabilizzando le istituzioni pubbliche e chiedendo a ognuno di fare la sua parte». I criteri per l’inserimento dei beneficiari negli appartamenti sono: Isee non superiore a 6mila euro, conoscenza base della lingua italiana, aver acquisito capacità di stare in comunità e con una rete sociale in parte attivata, aver acquisito una autonomia economica con presenza in famiglia di un percettore di reddito da lavoro. E infatti le famiglie contribuiranno con una cifra mensile tra 80 e 150 euro, come propria responsabilizzazione. Infatti la sistemazione in questi appartamenti è una condizione di semi autonomia, che potrà durare da 24 a 36 mesi per poi passare alla vera e reale autonomia, anche abitativa.

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