Migranti. Miccio: I soldi per esternalizzare i centri in Albania investiamoli in Italia
La presidente di Emergency Rossella Miccio
Sono appena scesi al porto di Brindisi i 118 migranti salvati nel Mediterraneo centrale dalla Life Support, nella notte tra mercoledì e giovedì. Hanno gli occhi pieni di speranza, mentre salutano e ringraziano, dopo aver visto la morte in faccia in un mare buio e agitato. Dopo le visite, l'identificazione e le foto, saranno trasferiti nei centri di prima accoglienza in Campania ed Emilia Romagna, tranne i quattro minori, tra cui una adolescente, accolti in una struttura locale. Sulla nave attraccata alla banchina Montecatini - che dopo i rifornimenti mercoledì sarà pronta a ripartire - stavolta c'è stata anche Rossella Miccio. Nella sala riunioni del pronte principale, la presidente di Emergency traccia un bilancio positivo di questa settimana intensa. Ma dichiara tutta la sua preoccupazione per le scelte di politica migratoria che - lo dicono i numeri - non stanno incidendo minimamente sui flussi irregolari ed espongono le persone a rischi enormi.
Due operazioni di soccorso in una notte, con onde di quasi tre metri, e nessuna vita è andata persa. È soddisfatta di questa 14ª missione?
Sono quasi 1.200 le persone che in questi primi mesi di lavoro abbiamo salvato nel Mediterraneo. È una goccia, certo, ma inizia ad essere importante per l'unica cosa che ha senso fare, che è salvare vite. Questo è il motivo per cui la nostra organizzazione ha deciso di avere una sua nave di ricerca e soccorso. Preferiremmo non esserci, questo è sicuro. Vorremmo che non ci fosse bisogno delle navi delle ong non solo per salvare, ma anche per raccontare e rendere giustizia a tantissime persone che attraversano percorsi di vita estremamente dolorosi. Tanti ce ne hanno raccontati in questi giorni.
Cosa l'ha colpita di più tra le tante storie che questi profughi hanno raccontato ai mediatori culturali e agli operatori sanitari?
Penso che non dimenticherò mai lo sguardo vitreo di una ragazzina di 17 anni, l'unica donna a bordo delle due barche soccorse, molto probabilmente violentata in Libia. Ci ha messo 48 ore per riuscire ad alzare quello sguardo e fare un sorriso timido. E ci ha abbracciato quando è andata via. Questo ci ripaga di tutte le difficoltà, gli sforzi, anche le cattiverie che abbiamo sentito in questi mesi e continuiamo a sentire quotidianamente, che non fanno male tanto a noi, quanto davvero alla dignità di tantissime persone meno fortunate di noi, che non abbiamo nessun merito ad essere nati qui. Mi auguro che l'Europa si risvegli presto da questo incubo, e ritrovi le sue origini e le sue radici nei diritti e nel senso di umanità che ci lega tutti. E che io ho trovato a bordo di questa nave, in un team di età, esperienze, nazionalità diverse, che si sono ritrovate in un progetto comune creando una magia che ha permesso, anche di notte e con onde di tre metri, di portare in salvo 118 persone. Con una grandissima professionalità fatta di giorni e giorni di formazione, prove, esercitazioni.
Professionalità ma anche passione. Quando sul ponte ai migranti è stato dato l'annuncio che sarebbero sbarcati a Brindisi e hanno festeggiato, anche per lei è stato emozionante. Ma in giro nel mondo di situazioni drammatiche ne dovrebbe aver viste tante.
Io ho avuto il grande privilegio di visitare e lavorare in tanti posti da cui queste persone devono venire via. So, forse più di altri, qual è la realtà di paesi in conflitto o depredati da guerre economiche. Credo sia giusto emozionarsi nel vedere la speranza rinascere negli occhi di persone che hanno fatto la scelta coraggiosa di rischiare la loro stessa vita per provare ad averne una vera, nel constatare questa gioia e sapere di avere contribuito un po' a dargliela.
Le scelte politiche che l'Europa e l'Italia hanno preso in materia di immigrazione possono incidere sulle cause di queste pericolosissime migrazioni forzate?
No. E non lo diciamo noi, lo dicono i numeri delle persone che hanno attraversato il Mediterraneo quest'anno e sono almeno il doppio di quelle degli anni passati. Aumentano le guerre, la disumanità, le ingiustizie. Lo stiamo vedendo in questi giorni a Gaza, ma non dimentichiamoci che sette mesi fa è scoppiata un'altra guerra in Sudan, che era un paese anche di transito e ospitalità per tantissimi rifugiati. Tutte queste persone se non hanno alternative, cosa possono fare? L'Europa e l'Italia dimostrano mancanza di lungimiranza nel continuare a perseguire le ricette che si sono dimostrate inefficaci. Come quella dell'esternalizzazione delle frontiere. Abbiamo cominciato con la Turchia, poi la Libia, ultimamente la Tunisia. Adesso da una settimana anche l'Albania.
Dell'accordo tra Meloni e Rama, il premier albanese, non si conoscono per ora più che le linee generali. Perché non funzionerà?
Visto dal ponte della Life Support l'accordo siglato da Italia e Albania sembra ancora più crudele e insensato. Qual è l'obiettivo? "Deportare" persone in Albania mi sembra una follia, spendendo tra l'altro risorse pubbliche, pare 80 milioni di euro in cinque anni, per fare cosa? Nessuno si domanda se questi soldi avremmo potuti investirli meglio, garantendo vie legali, finanziando missioni di soccorso europeo e soprattutto migliorando e rafforzando i processi di accoglienza e integrazione a casa nostra. Invece di attaccare continuamente il diritto di asilo, un fondamento della cultura italiana ed europea, dovremmo impegnarci e usare risorse per garantire vie legali sicure, missioni di soccorso europee e soprattutto per un'accoglienza dignitosa alle persone che scappano da guerra e povertà e vengono in Europa. Probabilmente avremmo risparmiato, traendone maggiori benefici.