Antimafia. Colosimo eletta presidente, l'ira delle opposizioni
La deputata di Fdi Chiara Colosimo, eletta ieri presidente della commissione parlamentare Antimafia
Nel giorno in cui a Palermo si commemorano le vittime della strage mafiosa di Capaci, a Roma la neo presidente della commissione parlamentare Antimafia Chiara Colosimo esordisce con un ricordo del giudice Giovanni Falcone, cita Piersanti Mattarella e afferma che la guerra alla mafia non si è ancora conclusa, poiché le piovre hanno cambiato volto. Al contempo, però, l’esponente di Fdi respinge le osservazioni di chi ha contestato la sua elezione per via del presunto legame d’amicizia con l’ex terrorista dei Nar Luigi Ciavardini: «Non ho amicizie. Quando ero consigliere regionale, nell’esercizio delle funzioni ho incontrato anche persone che erano state detenute - afferma -. Conosco Ciavardini, come molti altri, perché è in un’associazione che si occupa del reinserimento di altri detenuti, dopo che hanno scontato la pena». Una replica alle contestazioni che, da giorni, le opposizioni, le associazioni di familiari delle vittime delle stragi e diverse sigle della società civile muovono rispetto alla scelta della maggioranza di affidarle la presidenza dell’organismo bicamerale, che si occupa di approfondire questioni e vicende collegate all’operato delle organizzazioni mafiose.
Le uscite al momento del voto
A Palazzo San Macuto, l’elezione è stata contrassegnata da tensioni, con diversi parlamentari delle forze di opposizione usciti per non partecipare al voto, eccetto quelli di Azione e Italia viva, che hanno deciso di far convergere 4 voti sul nome di Dafne Musolino, senatrice delle Autonomie. Alla fine, Colosimo è stata eletta presidente con 29 voti (tutti quelli della maggioranza, al netto di un’assenza, su un totale di 50 componenti dell’organismo). Romana, classe 1986, militante di Azione Studentesca sin da giovanissima, Colosimo ha fatto tutta la gavetta politica nella destra, transitando prima in An e aderendo poi a Fratelli d’Italia. Vicina alla leader Giorgia Meloni, negli anni è passata dalle cariche di consigliere comunale e regionale fino al seggio in Parlamento: «Nella mia vita hanno sempre parlato i fatti e le battaglie che ho fin qui condotto», argomenta dopo l’elezione , invitando «i familiari delle vittime», critici sull’opportunità di affidarle il mandato, a San Macuto. «Debbo loro profondo rispetto - prosegue -. Qui è casa loro, possono venire quando vogliono e indicare loro le priorità» dell’azione della commissione.
Le sferzate di Pd, M5s e Avs
Taglienti le considerazioni delle forze d’opposizione. Il capogruppo dem in commissione Walter Verini, parla di «sordità e chiusura, è uno schiaffo che non meritavano il Paese e la Commissione, che parte azzoppata». Anche per M5s, le polemiche «rischiano di compromettere credibilità e autorevolezza di un’istituzione delicata». Rincara la dose Avs, con Elisabetta Piccolotti, che rimprovera al centrodestra il «grave errore» di aver trasformato l’Antimafia in «un terreno di scontro politico tra maggioranza e opposizione».
Le tensioni su vice e segretario
Oltre alla presidente, ieri sono stati eletti anche i due vice della commissione: Mauro D’Attis di Forza Italia (anche lui con 29 voti) e l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, di M5s, che ne ha presi 13. Per lui hanno votato anche i dem che poi, al terzo e ultimo scrutinio, sono riusciti a far eleggere, come segretario, il loro esponente Anthony Barbagallo. Una prova, secondo la renziana Raffaella Paita, di una intesa di «spartizione» per lasciare fuori i terzopolisti : «Pd e M5s si sono divisi i ruoli e porteranno a casa un segretario e un vice presidente. Hanno stretto un accordo senza coinvolgere noi». Ma il dem Verini controbatte: «Iv falsifica la realtà. Siamo rientrati in aula per votare de Raho», figura di «garanzia» per la sua lunga esperienza di magistrato antimafia. Fuori dal Parlamento, infine, l’elezione di Colosimo lascia perplesse associazioni come Libera, «contrariata» perché «si profilano ambiguità e ombre capaci di minare la credibilità e la fiducia assoluta di cui deve godere» il presidente della commissione.